popolare, che trova tra l'altro conferma nel comma 2° dell'art. 101 ("I giudici sono soggetti soltanto alla legge"). Avvalorano quasta conclusione: l'ostracismo ripetutamente manifestato nel corso dei dibattiti all'Assemblea Costituente verso il c.d. diritto libero, a cui sarebbe appunto congeniale un giudice elettivo e politicamente responsabile: la scarsa dimestichezza della cultura giuridica italiana verso i sistemi di comnm law, basati sull'elettività dei giudici; la Compiti principali del pubblico ministero sono infatti quelli di investigazione e di azione, cioè di svolgere le indagini necessarie in vista dell'esercizio dell'azione penale e della sottoposizione del caso alla decisione del giudice. 11 fatto che il testo dell'art. 101 comma 2° faccia riferimento solo ai giudici non significa, peraltro, che il pubblico ministero non sia anch'egli soggetto alla legge e non goda delle garanzie di indipendenza: tali principi sono infatti desumibili da altre norme secondo cui "i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni" (art. 107 comma 3°) vuole evitare che la libertà di giudizio del giudice possa essere condizionala da rapporti di subordinazione gerarchica nei confronti di altri magistrati (c.d. indipendenza interna). Il principio della soggezione del giudice alla legge, profondamente radicato nella cultura giuridica italiana, non è mai stato posto seriamente in discussione nè dai giudici, nè 1TUZ10ÑE 3 constatazione, infine, che anche i i partiti di sinistra, 1 tendenzialmente favorevoli al 3 diretto collegamento tra giudici 3 . e sovranità popolare mediante il ?. sistema elettivo, non si spinsero 3 oltre le affermazioni di principio i in tale senso. Tanto è vero che 1 l'art. 106 comma 1° indica il d concorso come la forma o ordinaria di reclutamento dei t magistrati. ^^ nche i controlli politici L MA/ del potere' legislativo sul giudiziario non hanno ti trovato spazio nel testo 0 costituzionale, orientato q piuttosto a garantire 1 l'indipendenza della a magistratura da qualsiasi potere, ■i ivi compreso quello legislativo, o come è reso esplicito dal q principio, sancito dall'art. 104 o comma Io, secondo cui "la n magistratura costituisce un o ordine autonomo e indipendente b da ogni altro potere". J L'affermazione che vuole la g giustizia amministrata in nome >b del popolo costituisce quindi un ie anticipazione del principio della >2 soggezione dei giudici alla si legge, espresso con maggior ri rigore tecnico-giuridico nel 32 secondo comma dell'art. 101, di io cui converrà ora occuparsi. 3 Con il termine "giudici" si fa n riferimento ai titolari di funzioni ig giurisdizionali facenti parte jb dell'ordine giudiziario, cioè ai 32 soggetti chiamati jq permanentemente ad applicare eI la legge e, quindi, a decidere i GOicasi concreti sottoposti al loro ig,giudizio. 1A Ma vi sono compresi anche 02: soggetti che svolgono solo joioccasionalmente tale funzione. .'/liNon vi rientra la figura del iqipubblico ministero, anch'egli qfl;appartenente all'odine igSgiudiziario, ma privo di funzioni ¡"¡giurisdizionali e decisorie. costituzionali, in particolare dall'art. 112, ove è affermato il principio di obbligatorietà dell'azione penale. La soggezione dei "giudici alla legge" implica l'obbligo incondizionato di applicare qualsiasi legge (non potrebbe ad esempio il giudice rifiutarsi di applicare una norma di cui non condivide l'ispirazione, la disciplina ovvero le conseguenze della decisione nel caso concreto); l'ulteriore precisazione che i giudici sono soggetti "soltanto alla legge" configura la principale garanzia di indipendenza della funzione giurisdizionale, che il giudice deve essere libero di esercitare in totale autonomia, senza essere soggetto a ordini, direttive o pressioni di qualsivoglia natura o provenienza, esterna ed anche interna alla stessa magistratura. La soggezione alla legge comporta, poi, che il giudice non è abilitato a creare norme nuove, e non può quindi mai svolgere una funzione sostitutiva nei confronti del legislatore. ^ a sfera di autonomia M riservata al giudice dal principio della soggezione "soltanto alla legge" ha trovato attuazione in precise norme costituzionali poste a tutela della sua indipendenza. Da un lato il principio secondo cui "la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere" (art. 104 comma 1°) mira soprattutto a garantire la magistratura nel suo insieme (e dì riflesso i singoli giudici nel momento del giudizio) da qualsiasi interferenza esterna e, segnatamente, del potere esecutivo (c.d. indipendenza esterna); dall'altro il principio dai giuristi. Anche nei periodi storici - soprattutto a partire dalla metà degli anni Sessanta - in cui le correnti dell'Associazione Nazionale Magistrati attestate su posizioni progressiste hanno incominciato a rivendicare il diritto-dovere di applicare la legislazione vigente, allora in gran parte risalente all'ordinamento fascista, alla luce dei principi costituzionali, nessuno ha mai teorizzato l'adesione alle teorie del c.d. diritto libero. Si è al riguardo parlato di interpretazione evolutiva o adeguatrice, in un contesto in cui il giudice rivendicava il diritto-dovere di applicare la legislazione vigente, allora in gran parte risalente all'ordinamento fascista, alla luce dei principi costituzionali, nessuno ha mai teorizzato l'adesione alle teorie del c.d. diritto libero. Si è al riguardo parlato di interpretazione evolutiva o adeguatrice, in un contesto in cui il giudice rivendicava il diritto-dovere di riferirsi alle norme costituzionali come fonte primaria di interpretazione del diritto vigente. Diverso dai rapporti tra soggezione alla legge e diritto libero è anche il problema della c.d. supplenza giudiziaria. Non vi è dubbio che, soprattutto nell'ultimo ventennio, mano a mano che la crisi politica ha reso sempre più deboli i controlli preventivi - di natura politica ed amministrativa - sulle illegalità e sugli abusi del ceto di governo e degli apparati amministrativi, gli interventi della giustizia penale hanno assunto una crescente incidenza politica: la mancata applicazione delle sanzioni tipiche della responsabilità politica (destituzione, revoca, non rielezione, dimissioni dalla 61