/ ritardano il superamento dei tradizionali squilibri della società italia na, tendano a prospettare un’alternativa alla presenza attiva del no stro Paese nella Comunità europea, alternativa in fondo alla quale si profilano chiaramente l’isolamento, l’involuzione antidemocratica, la definitiva sudditanza a poteri egemonici, economici e politici, extra europei. In questo quadro la Direzione nazionale dell’AICCE ha affermato che dalle insufficienze e dai ripetuti fallimenti dei governi nazionali nella costruzione comunitaria emerge irrefutabile l’esigenza di impe gnare non retoricamente i popoli. Urge chiamarli in causa concreta mente, attraverso una campagna elettorale europea, per legittimare con elezioni a suffragio universale diretto un Parlamento europeo, che dovrà diventare l'arbitro democratico delle dispute non regolate dai Governi nell’interesse generale e dovrà proporre lo statuto politico della Comunità. La Direzione ha chiesto quindi che Regioni, Province e Comuni ap provino nei rispettivi Consigli ordini del giorno volti a sollecitare la elezione a suffragio universale diretto del Parlamento europeo. Nella riunione del Consiglio nazionale, sulla base delle indicazioni politiche della Direzione, si sono affrontati alcuni temi particolari concernenti: le condizioni di utilizzo degli strumenti finanziari delle Comunità europee (BEI, FEOGA, Fondo Sociale, ecc.) a favore dello sviluppo regionale (relatori: Gianfranco Martini c Gabriele Panizzi); i rapporti tra le Regioni, le Istituzioni comunitarie e il potere cen trale nazionale (relatore: Giovanni Vicario); la necessità della crea zione di un organo consultivo delle Regioni e dei Poteri locali nell’am bito della Comunità allargata (relatore: Umberto Serafini). In particolare, sul primo tema, si è aperto un ampio dibattito che ha messo in risalto la necessità che le regioni divengano l’interlocu tore privilegiato della Commissione CEE per la gestione del Fondo Sociale Europeo rinnovato, affinché esso non rimanga un'occasione per le grandi imprese (multinazionali) operanti in Europa di attingere alle casse comunitarie per il perseguimento di obiettivi di impresa non sempre convergenti con quelli di sviluppo generale, ma vada anche a favore delle piccole imprese, che in Italia sono moltitudine, le quali oltretutto sopportano notevoli costi di formazione attraverso il « tra ining on thè job », non di rado subendo vere e proprie rapine di per sonale qualificato da parte delle grandi imprese, quando la congiun tura è alta e sostenuto è il ritmo delle assunzioni. Sul tema dei rapporti fra le regioni e le istituzioni comunitarie, il Consiglio nazionale ha esaminato i diversi momenti in cui questi rapporti si possono configurare: 1) tra le regioni e la Commissione esecutiva di Bruxelles, che ha il diritto di iniziativa e di proposta nel l’ambito comunitario; 2) tra le regioni e gli altri Poteri locali e il Parlamento europeo; 3) tra le regioni, nell’ambito delle loro competénze specifiche (art. 117 della Costituzione), e il Consiglio dei Ministri della Comunità, quando esso statuisca proprio nel campo di dette 602