Abbiamo già citato la necessità di mobilitare anche risorse ed investimenti « esterni » per lo sviluppo delle zone montane. Ma anche in questo caso si tratta di operare in stretto collega mento con le Comunità interessate affinché questi investimenti non contraddicano le indicazioni dei piani di sviluppo e non sfug gano all'azione di « governo » del territorio che spetta alle Co munità. Diversamente verrebbero totalmente falsate le grandi innovazioni contenute nella legge n. 1102. Dobbiamo riconoscere alle Comunità non solo ampi poteri nel settore dello sviluppo agricolo e forestale, ma anche negli altri settori produttivi e so ciali. Dobbiamo, cioè, approfondire il problema delle deleghe di funzioni e quindi di poteri alle Comunità. Problema importan tissimo, dalla cui soluzione potrà dipendere la futura fisionomia o, meglio, l'avvenire delle Comunità montane e che va risolto con gradualità ma con assoluta chiarezza, in quanto è in giuoco l’affermazione di tutta la nuova politica a favore delle zone mon tane avviata con la legge n. 1102, che ha avuto ripercussioni im portanti e favorevoli su tutta la politica comprensoriale che sta maturando nel nostro Paese. Ciò comporta non solo una precisazione di rapporti tra Re gione e Comunità montane, tra Comunità montane e altre Orga nizzazioni comprensoriali che oggi stanno nascendo, ma anche la necessità di superare alcuni residui centri di potere a livello na zionale e di carattere settoriale e corporativo a livello locale. A livello nazionale vi sono alcuni grandi nodi legislativi ed organizzativi da sciogliere: la legge quadro di difesa del suolo; la difesa e tutela delle acque e dell'ambiente in generale (a cui va collegato il problema della gestione di alcuni vincoli fonda mentali per la gestione del territorio, come ad esempio il vincolo idrogeologico); la legge sui parchi e le riserve naturali; il riordino dei servizi del Ministero Agricoltura e Foreste (risolvendo così - tra l’altro - il problema del trasferimento alle Regioni del per sonale del Corpo Forestale dello Stato già da tempo impiegato dalle Regioni stesse); il trasferimento alle Regioni degli Enti di Sviluppo e dei Consorzi di Bonifica interregionali; lo scioglimento delI’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, ecc. Il trasferi mento di questi compiti alle Regioni è essenziale (e con ciò non si intende certo disconoscere la necessità di competenze coordi natrici a livello nazionale) perché - tra l'altro - un ampio de centramento regionale nella gestione del territorio è la premessa per una concreta delega di poteri alle Comunità montane e ai Comprensori e, quindi, per un effettivo decentramento, condi114 (626)