Istituto Gramsci piemontese: La biblioteca di nuovo come una interpretazione delle domande, e non come una loro generalizzazione procedimentale realizzata attraverso l'intervento dei loro portatori. i delineano — dentro questa ricerca di un superamento della frammentazione — due posizioni, apparentemente antitetiche ma in realtà vicinissime, e che anzi si rovesciano immediatamente l'una nell'altra. Da un lato quella dell'autonomia del «politico», e dall'altro quella della cancellazione del politico attraverso la tecnocrazia. Il ritrarsi della ragione forte, totalizzante (ancora presupposta nelle impostazioni programmatone), di fronte alla società complessa, da un lato induce a prospettive di specializzazione della politica, che non essendo più fondata su ipotesi di ragione universale, diventa una politica per pochi. Ma mentre sembra celebrare, attraverso la distruzione delle premesse razionalistiche del governo di tutti, del governo del quisque e populo, il massimo della sua autonomia e specificità, la politica così intesa immediatamente si cancella, perché si consegna e si identifica con la tecnica. Che cosa è infatti il governo dei pochi se non l'applicazione di un sapere che produca regole più certe e misurabili di quelle caduche e contraddittorie prodotte dai meccanismi rappresentativi e partecipativi? La ragione debole, che non pretende più di governare in modo onnisciente, porta sì a limitare la politica espansiva e totalizzante, e a renderla autonoma come funzione specifica, ma immediatamente identifica questa specificità con il sapere, e la politica non è più, per nulla, autonoma; è la garanzia, la porta tenuta aperta, agli specialismi; la forza che ne rende effettive le decisioni tecniche. La pretesa della innovazione dall'alto, attraverso la politica, si tramuta immediatamente in quella della sua realizzazione attraverso la scienza. /a questione, da qualunque parte la si rigiri, è tremendamente complicata. Da un lato la consapevolezza che esistono alcuni obiettivi generali non raggiunti che riguardano non problemi di frontiera, di mutamenti di civiltà, ma «solo» un più decente funzionamento degli apparati pubblici e la attenuazione di ingiustizie persistenti e profonde, farebbe individuare nel reticolo degli interessi minuti il cui peso è amplificato dai meccanismi politici ed elettorali, l'ostacolo che impedisce, con i suoi veti, il loro raggiungimento. E da una tentazione dì critica alla politica diffusa e pervasiva, come ostacolo e remora alla innovazione, è anche attratto chi non ritiene accettabile che qualunque idea o progetto sia svuotato del suo contenuto proprio e schiacciato, funzionalizzato, nell'unica prospettiva — che appare considerata — dei rapporti di forza. D'altro lato la irrinunciabilità del considerare la ragione dei singoli indivìdui come la base dell'ordine politico, per le conseguenze in termini di libertà che ha questa pretesa, porta a valorizzare l'elemento consensuale e discorsivo delle decisioni politiche. Che fare? Le perplessità, le oscurità e i rischi che sono evidenziati dai tentativi di ridefinire i concetti di rappresentanza e legittimazione, dimostrano che le riforme istituzionali non devono spingersi fino al punto di rimettere in discussione questi loro fondamenti. Più che di riforma istituzionale, termine ambizioso e con pretesa di globalità, si deve parlare di riforme di alcune istituzioni, senza che con questo si debba cadere nell'angustia delle piccole cose e delle visioni «meccaniche» (e di meccanica rozza: ingranaggi da oliare, meccanismi inceppati, ruggine e simili...). Immagini che non possono non far sorridere se si pensa che N. Bobbio fu accusato di avere una visione «tecnologica» della democrazia per aver sostenuto che essa consiste in poche e chiare regole di procedura. Non si tratta di accontentarsi (seppur nel senso forte indicato da Kelsen) delle istituzioni esistenti, ma di evitare di caricare sulla politica fatta nelle e dalle istituzioni, eccessive attese di innovazione sociale e, conseguentemente, di considerare le istituzioni più come gli strumenti della convivenza che gli acceleratori del mutamento. E può darsi che, in questo modo, si finisca anche con il prestare maggiore attenzione ai veri acceleratori, che operano nella società, nella scienza e nell'apparato produttivo, e dei quali la politica oggi si limita a registrare, sempre in ritardo, gli effetti. In termini quantitativi la Biblioteca raccoglie circa 900 testate di riviste italiane e straniere che possono essere raggruppate secondo i seguenti argomenti: Problemi degli enti locali e della amministrazione pubblica-. riviste e periodici contenenti dati legislativi, giurisprudenziali, amministrativi e di riflessione teorica: Bollettini ufficiali delle Regioni (raccolta inesistente a Torino, anche presso gli Uffici regionali) per un totale di circa 100 testate; avvio della raccolta ragionata degli atti parlamentari. Problemi del lavoro: mercato del lavoro; formazione professionale; organizzazione del lavoro, ecc...; pubblicazioni periodiche dei sindacati e degli imprenditori (sono circa 70 le testate raccolte su questi temi). Problemi dell'industria, del commercio, del credito, e della finanza: circa 180 periodici provenienti da: Associazioni della piccola e media industria; Confederazione dell'artigianato; Federazioni degli industriali; Enti governativi; Statali; Parastatali; Regionali; Uffici studi di industrie; Confindustria; Camere di Commercio; Banche; Istituti di Credito; Centri e Istituti di ricerca, quali: CERIS, CESPE, ASFOR, CEEP, CIRIEC, CEDIS, ecc...; Sezione storica : circa 300 testate di: periodici riguardanti la storia e le problematiche attuali del movimento operaio e del sindacato; periodici di storia orale, di cultura popolare e di studio delle tradizioni; periodici correnti o cessati di partiti politici. Sezione piemontese: circa 100 testate di: periodici locali della regione Piemonte, indipendenti, cattolici e di partiti politici. Altri periodici: di attualità politica e di studi politologici; riviste di sociologia e di diritto, insieme ad altre testate riguardanti problemi europei ed internazionali, o temi quali: l'informazione, la cooperazione, l'istruzione, l'agricoltura; bollettini e notiziari di fondazioni, centri studi e organizzazioni culturali italiani. Per quanto riguarda il materiale monografico, sono circa 12.000 i volumi e documenti, opuscoli, atti di convegni, studi e rapporti, schedati non solo per autore, ma anche per soggetti. Sono stati sviluppati inoltre due settori di documentazione su «Relazioni industriali, politica e classe operaia negli Stati Uniti» e sull'-lnnovazione tecnologica». Per quest'ultimo rinviamo alla «Guida» preparata da Roberto Maglione. 7