procedurale di cui fanno parte anche le dinamiche conflittuali. Dal quadro che Schneider delinea non esce affatto confermato il luogo comune dell'incomparabilità degli scenari sociali europeo e americano nel settore high tech. Opinione, questa, che oggi è assai meno accreditata di qualche anno fa, quando "Silicon Valley" era la più abusata metafora del cambimento organizzativo e lavorativo indotto dall'innovazione, al punto che sembrava che quella particolare esperienza statunitense fosse naturalmente portata a divenire la pietra di paragone obbligata. Noi pensavamo che così non fosse e che suonasse falsa la facile contrapposizione fra l'Europa delle "vecchie", declinanti, relazioni industriali e il mondo nuovo di un'industria centrata sull'innovazione in cui finivano per l'essere rimossi i problemi del lavoro, resi senescenti dall'esplosione delle professionalità tecnologiche e dallo sviluppo onnipervasivo di uno spirito microimprenditoriale. Quest'immagine si è poi venuta rivelando convenzionale quanto infondata, e chi leggerà il saggio di Schneider troverà facilmente le ragioni che raccomandano come necessaria una considerazione globale, d'insieme, delle esperienze in atto, su entrambe le sponde dell'Atlantico. Se Silicon Valley non è più il nostro futuro, allora crediamo che sia stato di qualche utilità il percorso di ricerca che abbiamo tentato. Da questo punto di vista, l'Europa non è solo il nostro passato, ma un campo aperto in cui si confrontano tendenze complesse e interessanti, uno spazio che richiede un'esplorazione meticolosa. E' quanto abbiamo cercato di fare con 8