circuiti paralleli Governo-Regioni, Go verno-Province, Governo-Comuni. In altre parole «è una critica poli tica che mi sento di fare al progetto di riordino dei poteri locali — dice La tini — che da un lato invece di dare connessione e coerenza al sistema del le autonomie tende a semplificarlo e dall’altro tende a conservare un po’ tutti gli enti e gli organismi già esi stenti: non è un progetto di riordino ma di riconnessione attorno a un centro». La seconda considerazione del dr. La tini è sulle Comunità montane. L’idea guida, ha detto, la ragione di fondo per cui sono state istituite era l’obiet tivo dell’equilibrio territoriale e questo «merita oggi una riflessione politica, tuta riflessione critica, perché credo si ponga in modo abbastanza diverso ri spetto al passato e questo influenza il tipo di Comunità montana che occorre avere». In questi anni il ricquilibrio territo riale è stato pensato essenzialmente come trasferimento nelle zone dove non vi era sviluppo di attività e forme di sviluppo che invece si erano deter minate in altre zone, e allora attraver so ad esempio la politica degli incen tivi si è tentato di realizzare nelle zone montane forme di insediamenti artigia nali, di industrializazzione, di valoriz zazione turistica abbastanza intensiva e privatistica «che oggi registriamo perdenti da un punto di vista econo mico e sociale, nel senso che non han no dato una risposta ai problemi della montagna e che per di più non sono neanche più proponibili data la crisi che quel modello di sviluppo che si voleva trapiantare oggi attraversa». In altre parole nelle zone montane oggi non solo non è più il caso di im portare un certo modello di sviluppo, ma il modello di sviluppo «è lì, da sperimentare, da ricercare, attraverso un uso ottimale delle risorse e delle vo cazioni produttive, per cui la rinascita e lo sviluppo di queste zone può acqui stare un valore, un significato politico strategico del tutto nuovo e particolare rispetto al passato». Se ciò è vero, nota Latini, allora la Comunità montana per essere uno stru mento istituzionale coerente con un si mile obiettivo deve poter esprimere un massimo di pianificazione territoriale e di pianificazione economica per cui, al limite, deve essere qualcosa di più e non di meno del tradizionale ente intermedio. Di fronte al fatto che le condizioni particolari delle zone montane (assen za di un dinamismo spontaneo, di sog getti imprenditoriali, di stimoli allo sviluppo, di stimoli alle iniziative eco nomiche) rendono la promozione e Fin- 18/IXI tervento pubblico essenziali, pregiudi ziali, perché certi processi di riaggrega zione sociale o di iniziativa economica si possano determinare, la Comunità montana se vuole essere intesa non co me residuo di un qualcosa che già c’era, ma vuole svolgere un ruolo effettivo nei prossimi anni, deve essere «non un ente intermedio di serie B, ma piut tosto un ente intermedio super». «Rispetto a questo punto — conclu de il rappresentante del PDUP — il di segno di legge Rognoni non chiarisce il rapporto tra ente intermedio e Co munità montana e quindi rischia di ingenerare ima conflittualità fra questi due livelli che invece hanno elementi affini e esigenze comuni. Non scioglie cioè un nodo che è politico, ma è an che istituzionale». Il punto di vista di Rubes Triva Il rappresentante del PCI denuncia II innanzitutto un pericolo: vi è stato quasi un rituale attraverso il quale as sociazioni, organismi, convegni, hanno preso atto con soddisfazione che è ri preso il dibattito sulla riforma dell'or dinamento delle autonomie, per cui c’è il rischio che questa soddisfazione si rifletta in modo sottile c pericoloso anche sul merito della questione ... Per sgombrare il campo Fon. Triva dice subito che il testo presentato dal Governo a suo parere è tutt’altro che il testo di cui si ha bisogno per andare a una riforma dell’ordinamento che corrisponda ad un disegno di reale rin novamento dell’assetto complessivo dei poteri. Per rimanere aderente al tema l’on.le Triva teme poi che FUNCEM concentri forse troppo l’attenzione sulla situazio ne delle Comunità e meno sui Comuni stessi. «Badate — ha detto — che potrei con molta facilità parlare di quelle che sono le condizioni economiche in cui versano i Comuni e di cosa si profila per 1'83 ed oltre, ma non lo faccio per ché sarebbe non corretto in un discor so istituzionale richiamare un discorso di risorse. Ma quello che a mio giudi zio è essenziale è che se non riusciamo a dare risposta corretta alla condizione degli associati non riusciremo certo a dare risposta corretta alle forme del l’associazionismo ». Secondo Triva il problema di fondo, che il disegno di legge Rognoni non af fronta e non risolve in modo corretto, è che se i livelli istituzionali devono essere tre, deve essere assolutamente chiaro quali sono le funzioni che com petono a ciascuno di essi. Inoltre il progetto Rognoni ignora totalmente la 278: non fa nessun ten tativo di raccoglierne l’esperienza per correggerla e adeguarla, e non è suffi ciente pensare che tutto sia affidato alla potestà statutaria, perché anche questa deve potersi muovere all’inter no di alcune linee e di alcuni principi che una legge quadro deve affermare. «Sotto questo profilo — ha detto Triva — l’UNCEM, che è un'associa zione che da qualche anno a questa parte ha maturato un'esperienza di for me associative estremamente originale, più che dedicarsi ad esprimere un giu dizio sul testo Rognoni e sugli articoli 43 e 44, deve impegnarsi a dare un contributo su quella che è l’esperienza che la Comunità montana ha fatto co me forma di associazione di più Co muni, che non tende a proporsi come livello istituzionale per distruggere au tenticità. personalità e individualità dei singoli Comuni, ma tende a muoversi affinché i Comuni stessi siano nelle con dizioni di svolgere appieno le funzioni loro affidate». Secondo Triva, che poi esistano in Italia anche obiettivi di superamento del «pulviscolo comunale», sono altri discorsi che riguardano una particola rità di situazioni e non la generalità. II progetto Rognoni mantiene intatto un certo quadro delle funzioni attual mente esistenti, mentre invece ci sareb be bisogno di chiarezza: emergono dal testo Comuni settoriali e Province set toriali ma un carattere generale di Comune e Provincia non emerge. «Come fa una Provincia a svolgere quella funzione di ente intermedio tra Comuni e Regione, impegnala nella, programmazione infraregionale, e non avere la benché minima competenza in ordine alla programmazione per molti settori (sanità, assistenza, diritto allo studio, ecc.f, le cui funzioni sono tutte attribuite direttamente ai Comuni? Come possono d’altra parte i Comuni tendere anche a sostenere e a promuo vere lo sviluppo economico se l’unica ed esclusiva funzione attiva, gestionale e operativa è unicamente quella so ciale? ». Su questo punto chiave non chiarito, si tentano di costruire delle forme as sociative che non possono essere né ricondotte alle povere e schematiche forme previste dal testo, così come non può essere liquidata l'esperienza pre ziosa delle Comunità montane, dicendo solo che restano per esercitare le fun zioni che le leggi della Repubblica han no stabilito debbano esercitare. In sostanza — dice Triva — il pro getto Rognoni non è una riforma, è una specie di fotografia dell’esistente che tenta di mettere in ordine alcuni capitoli, ma non stabilisce un collega-