definizione delle competenze della Provincia. Il Pre sidente Martinengo in particolare commenta gli ar ticoli 36, 43 e 44 del disegno di legge Rognoni ine renti la posizione delle Comunità montane e l’asso ciazione tra Comuni, in previsione della loro fusione. Concludendo, il Presidente richiama gli aspetti es senziali del dibattito in corso tra le forze politiche e tra gli amministratori degli enti locali, indicando tra i punti di particolare interesse, nel quadro generale della riforma: 1) la funzione degli enti locali e la loro posizione rispetto alla programmazione nazio nale, regionale e locale; 2) i principi informatori del la delega al Governo per la ripartizione delle com petenze tra gli enti locali; 3) il tema delle aree me tropolitane; 4) il tema dei controlli, superando la negativa situazione in atto in tutta Italia; 5) l'orga nizzazione degli uffici statali a livello periferico e quindi la funzione dei Commissari di Governo e dei Prefetti. Il dibattito Aperto il dibattito, interviene per primo l'avv. Mastroleo, Presidente dell’UPI, il quale, convenendo sul fatto che negli anni 1977-’8O la riforma non ha fatto passi avanti per il clima conflittuale dei rap porti tra enti locali, Regioni e Stato, afferma che la convergenza di fondo realizzata dalle tre Associa zioni ÀNCI, UPI e UNCEM nell’affermare l'esigenza di una iniziativa del Governo che tenga conto di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, con sente di guardare con maggiore fiducia alle prospet tive future. Senza voler sottovalutare le perplessità in atto tra le forze politiche su taluni aspetti della riforma, il Presidente deH’UPI auspica una rapida intesa tra le Associazioni e poi con la Conferenza delle Regioni, per esprimere verso il Governo e il Parlamento una sollecitazione per il varo della riforma e per una delega al Governo, limitata nel contenuto e nel tem po, per perfezionare il riordino delle competenze dei poteri locali. L’on. Colomba, capogruppo del PCI, si dice d’ac cordo su una ulteriore seduta del Consiglio nazio nale per approfondire l’argomento alla luce di even tuali iniziative del Governo limitando l’ingiustificato ritardo del Governo stesso a fronte della sollecitu dine dimostrata dalla l3 Commissione del Senato. Richiama quindi il contenuto della proposta di legge presentata dal Gruppo PCI al Senato anzitutto circa la posizione e il ruolo del Comune, i livelli del governo locale Comune, Provincia e Regione) e le forme di collaborazione tra Comuni, che non devono spostare la titolarità di funzioni e di risorse loro proprie. Concludendo, l’on. Colomba ribadisce l'avversione del suo Gruppo verso la fusione obbligatoria dei Comuni e a favore del loro associazionismo con for- VHI/6 me in taluni casi anche obbligatorie e concordando sul ruolo peculiare di programmazione che la Co munità montana deve svolgere. Anche a nome del suo Gruppo sollecita una de cisione del Consiglio Nazionale verso il Governo e il Senato affinché la riforma possa essere attuata con il rinnovo delle amministrazioni locali, previsto per il 1985. Conti (PRI), membro della Giunta esecutiva e As sessore della Provincia di Isernia, ritiene si debba insistere nella riconferma del ruolo legislativo delle Regioni, evitando competenze gestionali e ammini strative. Soffermandosi sui rapporti tra Comunità montane e Comuni si domanda se esiste la volontà di conser vare o meno i piccoli Comuni, poiché a suo avviso l'art. 36 del disegno di legge Rognoni, prevedendo l’associazione dei Comuni solo ai fini della loro fu sione, può essere interpretato come una minaccia alla loro esistenza. Non è contrario all’ipotesi della Comunità mon tana quale futuro grande Comune della montagna in determinati casi in cui ciò si renda effettivamente possibile, ma è decisamente contrario all’eventuale obbligo di fusione dei Comuni. Ritiene debba confermarsi l’attuale funzione delle Comunità montane. Il dr. Scacciavillani, parlando anche a nome del responsabile deH'Ufficio enti locali del PLI, afferma che una corretta e non disarticolata individuazione dei centri di potere locale non fa venir meno il com pito dello Stato, perché pone anche l’esigenza di un’opera di coordinamento, di programmazione e di interventi contestuali. Bisogna però stabilire dei collegamenti sia tra Stato Regioni ed enti locali, per creare quel nesso di indissolubilità tra momento normativo e momento amministrativo, sia tra enti locali operanti in una unica dimensione regionale, al fine di non frantumare eccessivamente i poteri locali. Nel contesto della riforma delle autonomie locali occorre ribadire il ruolo del Comune come ente di base, principale distributore di servizi, ed è neces sario riconsiderare l’ente intermedio che per i libe rali non può non essere la Provincia, ma non l’at tuale, svuotata ormai di funzioni, bensì una nuova, con ampia potestà programmatoria, di organizzazio ne e di apprestamento di servizi sovracomunali. «De iure condendo» è necessario ridefinire anche le Comunità montane che, a giudizio dei liberali, de vono essere principalmente degli enti di gestione di servizi sovracomunali con ampie potestà riguardo a specifiche materie delegate dalle Regioni e dalle Province. Esse dovranno consentire così quel pro cesso di aggregazione dei Comuni montani, che è da auspicare al fine non solo della corretta gestione delle risorse finanziarie sul territorio, ma per con sentire anche un equilibrato sviluppo socio-econo mico dei paesi montani.