vuole essere ed è, nella sua gente, de­
mocratica, la legge del Ventennio che
almeno prevedeva, nella Commissione
incaricata di individuare le zone da
sottoporre a vincolo, la presenza del
Podestà del Comune interessato.
Chi scorre la nostra rivista avrà po­
tuto in questi mesi seguire le inizia­
tive dell’UNCEM ai vari livelli — e vo­
glio qui segnalare l’impegno della no­
stra Delegazione regionale della Ligu­
ria — poste in essere per far compren­
dere a chi di dovere la nostra posizio­
ne, che non è ovviamente contraria alla
difesa dell’ambiente, ma che chiede
venea riconosciuto alla gente di mon­
tagna il diritto al proprio lavoro e ad
una dignitosa esistenza sulla propria
terra. Conosciamo in esatta misura
quanto sia difficile il discorso che ab­
biamo il dovere di fare, quanto esso
sia distante dalla moda del momento,
sorretta ed enfatizzata dai mezzi di
comunicazione di massa e da un tipo
di associazionismo deresponsabilizzato
e dilettantistico che, con la forza dei
numeri, qualche volta subdolamente
raccolti, costituisce un elemento di
pressione al quale riesce difficile op­
porsi e con il quale è altrettanto diffi­
cile discutere. Esemplare il fatto che
avendo il Presidente dell’UNCEM com­
messo l’imprudenza di scrivere una
lettera di precisazione su questo argo­
mento ad un settimanale di grande
tiratura l’ha vista pubblicata sotto il
titolo sarcastico: «Ridateci il cemento».
Sul numero di aprile del «Montana­
ro» — che trovate nella documenta­
zione del Congresso — un autorevole
collaboratore della rivista, il geologo
prof. Augusto Bianconi, conclude un
articolo sull’argomento della tutela del­
l'ambiente con un periodo che voglio
qui riprendere perché mi pare bene
sintetizzi lo stato d’animo della gente
della montagna. Scrìve il prof. Bian­
coni: «Il primo tra i Beni Culturali da
difendere è la capacità di lavorare, di
trasformare la materia. Il territorio è
materia. Gran parte dei paesaggi che
oggi si vogliono difendere sono am­
bienti naturali profondamente modifi­
cati dall’uomo in passato: gli oliveti
dei colli toscani, i terrazzi a secco del­
la Liguria, i pascoli dell'alta montagna.
Gli abitanti del contado nei secoli scor­
si dunque seppero trasformare la na­
tura in modo che oggi al risultato del­
la loro opera è riconosciuto un valore
estetico. Forse che gli attuali loro di­
scendenti sono diventati tutti biechi
speculatori e torvi nemici del Bello, tali
da essere interdetti? Oppure dei buoni
selvaggi che devono essere guidati dai
loro illuminati padroni? Al legislatore
la risposta a queste domande».
Noi consideriamo concluso il tempo
delle polemiche; consideriamo invece
presente ed attuale il tempo delle pro­
posizioni costruttive. Vorremmo che le
nostre previsioni fossero sbagliate, ma
26/V

l’esperienza e le stesse ammissioni de­
gli Amministratori regionali ci portano
a pensare che i piani paesaggistici af­
fidati alle Regioni certamente non sa­
ranno pronti entro il termine previsto
del 31 dicembre di quest’anno; del re­
sto sarebbe un vero miracolo che le
Regioni riuscissero a fare in pochi me­
si ciò che lo Stato non è riuscito a
fare in decenni. Ed allora occorre pen­
sare ad altre soluzioni, ma occorre
pensarci adesso, non attendere la ven­
tiquattresima ora; l’UNCEM è a dispo­
sizione per fornire il proprio contribu­
to a chi ha la responsabilità ed il do­
vere di affrontare questo problema.

di una realtà quotidiana ricca di con­
traddizioni c di ombre. Con la promul­
gazione della legge 1102 del 1971 il Par­
lamento italiano definì in modo saggio
e compiuto, dando attuazione al detta­
to costituzionale, gli obiettivi della po­
litica nazionale in favore della monta­
gna ed i mezzi per il loro raggiungi­
mento.
Colgo qui l’occasione, parlando di
quel dettato costituzionale, per ricor­
dare il sen. Gortani, del quale quest’an­
no ricorre il ventennale della scom­
parsa, che fu proponente dell'emenda­
mento che divenne l’ultimo comma dell’art. 44 della Costituzione.

L’intervento straordinario
nel Mezzogiorno

Rileggiamo ancora una volta l’arti­
colo 2 della legge 1102, che rimane di
una chiarezza esemplare.

L’intervento straordinario nel Mez­
zogiorno è oggi ordinato da una disci­
plina organica regolata con la legge
1° marzo 1986 n. 64. Con soddisfazione
l’UNCEM ha visto concludersi il com­
plesso iter parlamentare della nuova
normativa che sul programma trien­
nale e sui piani annuali di attuazione
articola un intervento novennale per
il quale è previsto un finanziamento
complessivo di 120.000 miliardi. Gli Or­
gani collegiali dell’UNCEM non hanno
avuto la possibilità ancora di esprime­
re un formale giudizio sulla nuova le­
gislazione, che personalmente conside­
ro assai soddisfacente, sia per la mi­
sura dell’impegno finanziario, sia per
la sua caratteristica di definizione di
una politica, sia infine per alcune in­
teressanti novità metodologiche. Men­
tre scrivo queste pagine non ho anco­
ra avuto la possibilità di conoscere il
testo del Decreto Ministeriale che, nel
chiarire le modalità della presentazio­
ne da parte delle Regioni di progetti
di sviluppo regionali, da inserire nel
piano annuale di attuazione, darà pro­
babilmente ulteriori chiarimenti sul
ruolo degli Enti locali che sappiamo
caro al Ministro De Vito, al quale de­
sidero dare atto, a nome dell’UNCEM,
del costante ed intelligente impegno
profuso per raggiungere un positivo ri­
sultato. L’UNCEM è particolarmente
interessata all'evolversi dell’applica­
zione del nuovo istituto dell'«Accordo
di programma» che richiama l'analogo
«Contratto di paese» della legislazione
francese per le zone sfavorite e che
potrebbe essere assai utilmente trasla­
to nella politica italiana per la mon­
tagna.

Politica nazionale
per la montagna
Ma esiste ancora in Italia, amici con­
gressisti, una politica nazionale per la
montagna? È una domanda che io cre­
do abbiamo il dovere di porci alla luce

«La presente legge si propone:
1) di concorrere, nel quadro della
programmazione economica nazionale
e regionale, alla eliminazione degli squi­
libri di natura sociale ed economica tra
le zone montane ed il resto del territo­
rio nazionale, alla difesa del suolo e
alla protezione della natura mediante
una serie di interventi intesi a:
a) dotare i territori montani, con
la esecuzione di opere pubbliche e di
bonifica montana, delle infrastrutture
e dei servizi civili idonei a consentire
migliori condizioni di abitabilità ed a
costituire la base di un adeguato svi­
luppo economico;
b) sostenere, attraverso opportuni
incentivi, nel quadro di una nuova eco­
nomia montana integrata, le iniziative
di natura economica idonee alla valo­
rizzazione di ogni tipo di risorsa at­
tuale e potenziale;
c) fornire alle popolazioni residenti
nelle zone montane, riconoscendo alle
stesse la funzione di servizio che svol­
gono a presidio del territorio, gli stru­
menti necessari ed idonei a compen­
sare le condizioni di disagio derivanti
dall’ambiente montano;
d) favorire la preparazione cultura­
le e professionale delle popolazioni
montane;
2) di realizzare gli interventi suddetti
attraverso piani zonali di sviluppo da
redigersi e attuarsi dalle Comunità
montane e da coordinarsi nell'ambito
dei piani regionali di sviluppo».

A distanza di quindici anni dalla de­
terminazione degli obiettivi e degli
strumenti di realizzazione di questa
politica, quale situazione abbiamo di
fronte? Gli obiettivi della politica na­
zionale per la montagna non sono cam­
biati, né io credo potrebbero esserlo.
Ciò perché sono obiettivi che manten­
gono la loro validità, che tendono a for­
nire a quanti vivono in montagna pari
dignità con il resto dei cittadini ita­
liani, tendono al ricupero di risorse
di cui il Paese ha ogni giorno più biso-