stro la tutela e la rappresentanza dei piccoli Comuni. Questo non solo per orgoglio di associazione, ma per una precisa scelta politica che in noi è uni taria e che rifiuta soppressioni e can cellazioni antistoriche ed antidemocra tiche. Non a caso è nato dentro all'UNCEM l'indirizzo sanzionato dal Par lamento nel 1971 con la costituzione della Comunità montana. A questo pro posito voglio ricordare qui una frase dell’intervento del Vice Presidente Gon zi al convegno della Lega che ho prima citato. Della Comunità montana, Gon zi, Sindaco di un piccolo Comune, dice: «Essa è sostanzialmente lo strumento con il quale i Comuni ricuperano pote re politico, ruolo di governo, escono da secolari mortificazioni, diventano soggetto di programmazione (e non solo oggetto indifeso delle altrui scel te), acquisiscono i mezzi per superare il gap che li differenzia dalle zone forti, dialogano direttamente con la Regione, definiscono le politiche di ripresa e di sviluppo utilizzando le risorse locali e conservando ambiente e suolo, garan tendo la presenza di comunità umane». È una testimonianza autorevole, un pertinente invito al dibattito, ma so prattutto l’interpretazione corretta di quello che è stato, da parte dell’UNCEM, l’atto più importante e concreto di difesa e di tutela dei piccoli Comuni. Altri se ne sono aggiunti e se ne ag giungono giorno dopo giorno, frutto delle valutazioni degli Organi dell’Unione, così come delle indicazioni e delle sollecitazioni, che pervengono legittime e necessarie, che puntualizzano proble mi e prospettano soluzioni. I temi di maggior rilevanza, per i Comuni montani, avvertiti e discussi, sui quali l’UNCEM è stata puntual mente presente, Vi sono noti. Vorrei ricordarne brevemente qualcuno, ini ziando, non per paradosso, da quello che ripropone lo stesso diritto all’esi stenza dei piccoli Comuni, Non sono poche le iniziative politiche e parla mentari che in questi anni hanno pro spettato la possibilità di fusione e sop pressione coattiva. In spirito unitario l’UNCEM ha in ogni circostanza de nunciato con fermezza la impraticabi lità di queste proposte; le quali ancora aleggiano sul panorama politico nazio nale se è vero, come è vero, che le proposte di legge in questo senso sono presenti in Parlamento e che una delle tre finalità affidate alle Comunità mon tane dal testo di legge per la riforma delle Autonomie approvato dalla com petente Commissione del Senato — te sto sul quale ritornerò più avanti — è quella di promuovere la fusione di tutti o parte dei Comuni associati. tendenza al riequilibrio dei livelli di spesa dei Comuni attraverso meccani smi di trasferimento delle risorse finan ziarie da parte dello Stato avviati ad una non facile perequazione. Abbiamo seguito l’evolversi di questa tendenza portando il nostro contributo al livello di Governo e di Parlamento con i col leghi dell’ANCI e deU'UPI, ma anche al livello tecnico offrendo la nostra qualificata collaborazione a quelle ri cerche condotte presso il Ministero de gli Interni, nell’ambito della Direzione Generale della Finanza Locale, intese ad individuare meccanismi di perequa zione sufficientemente efficaci. La ma teria è complessa, grava sul sistema dei trasferimenti finanziari l’opprimen te peso della spesa storica che pena lizza i Comuni montani, notoriamen te protagonisti di oculata amministra zione. Il superamento di questa imposta zione, perversa quanto in larga misura ancora non eludibile, è avviato attra verso il fondo perequativo ancora, a nostro avviso, insufficiente, anche se dal suo complesso sistema di riparto qualche non disprezzabile vantaggio traggono i Comuni montani. Vantaggio che fa definire pericoloso, in autorevoli sedi parlamentari, a rappresentanti de gli interessi, altrettanto legittimi, dei grandi e medi Comuni, l’insistere nella linea della perequazione. Rifacendosi alla normativa per la finanza locale per il 1986, o almeno a quanto di essa sappiamo in questo mo mento, abbiamo la fondata presunzio ne di affermare che il riparto del fon do perequativo consentirà ai Comuni montani di recuperare il preventivato taglio del 6,95% rispetto ai trasferì- menti dei 1985. Mentre scrivo queste pagine non abbiamo certezza su que sta materia; sembra scontata la deca denza del secondo decreto, cosi come lo slittamento della TASCO almeno al 1987. L’autonomia impositiva La nuova tassa comunale introduce il discorso dell’autonomia impositiva dei Comuni. Su questo argomento l’UNCEM ha condiviso l’impostazione dell’ANCI, che l’autonomia impositiva non può essere strumento di compensazio ne di minori trasferimenti statali. La responsabilizzazione degli amministra tori, intesa a far loro autonomamente reperire le risorse necessarie a dare ai cittadini servizi che vadano al di là di quelli che il Comune è istituzionalmen te tenuto a fornire e per i quali riceve i necessari trasferimenti dallo Stato, ci sta bene, però in linea di principio. E pregiudizialmente indispensabile, per sciogliere la nostra riserva, e lo abbia mo detto in tutte le sedi, che il mo dello dei trasferimenti tenga conto del le esigenze reali; non solo, ma del di ritto di tutti i cittadini italiani a fruire di analoghi servizi pubblici, sia che essi vivano nelle grandi città, sia nei piccoli comuni della montagna. In al tri termini concordiamo con una pro gressiva corretta autonomia impositiva alla condizione che preventivamente, attraverso i trasferimenti dello Stato, vengano garantiti anche ai cittadini della montagna quei servizi essenziali a consentire un livello di dignitosa esi stenza. La finanza comunale Nel quinquennio trascorso dal Con gresso di Bologna si è delineata la Il Presidente dell'UNCEM saluta il Sindaco di Assisi V/23