MONÌAGNA LA CIRCOLARE DEL MINISTRO DELL’INTERNO MINISTERO DELL’INTERNO Gabinetto del Ministro Circolare n. 17102/127/1 - Uff. 3° in data 7 giugno 1990 « Nuovo ordinamento delle autonomie locali ». A seguito del voto dcll’8 febbraio 1990 con il quale l’assemblea della Camera dei deputati ha approvato in prima istanza la ri forma delle autonomie locali, veniva istituito presso questo Uf ficio di Gabinetto un gruppo di lavoro con il compito di appro fondire le problematiche nascenti dalla riforma. 11 gruppo di lavoro ha, poi, seguito l’iter del disegno di legge nei successivi passaggi tra le due Camere e, all’interno di ciascu na, nel passaggio dalla sede referente al voto assembleare, ap profondendo gli aspetti innovativi di volta in volta introdotti. Sulla base dei risultati di tale proficua attività, è stato, infine, elaborato un primo commento ai contenuti del provvedimento ormai definitivamente approvato, che può costituire un’utile trac cia per gli operatori chiamati, sotto veste diversa, a dargli at tuazione. Nella stesura del documento è stata seguita pedissequamente la sistematica prescelta dal legislatore. 1. Principi generali (arti. 5, 114, 117, 118, 128 Cosi.; artt. 1-3 della riforma) L’art. 1 della legge attribuisce alla nuova disciplina la natura di normativa di principi ovvero di « legge generale dello Stato », in conformità a quanto prescritto dall’art. 128 della Costituzio ne. Ciò comporta che la stessa dovrà essere completata dalle di sposizioni di livello statutario e regolamentare, che gli enti locali dovranno successivamente emanare. Al fine di rafforzare il valore cogente dei principi introdotti dalla legge in questione, è pure stabilito che essi non possono es sere derogati se non in forza di espresse disposizioni. La scelta costituzionale di una « legge di principi » concretiz za la volontà di indirizzare il potere di regolamentazione genera le e uniforme del Parlamento a quegli aspetti fondamentali che non potrebbero altrimenti essere regolamentati e, nel contempo, di riconoscere una vasta area di iniziativa agli stessi enti locali che, da destinatari passivi di una disciplina a loro estranea, di vengono essi stessi protagonisti e artefici del proprio ordinamento. Fondamentale è l’affermazione, contenuta nell’art. 2, dell’au tonomia di comuni e province. Essa, rispecchiando il dettato co stituzionale, conferisce a tali enti il carattere di realtà politico amministrative, dotate di poteri propri che coesistono in un si stema di equiordinazione con altri livelli di governo incidenti sullo stesso territorio. In tale modo si realizza quel pluralismo istitu zionale voluto dall’art. 5 della Costituzione che, nell afferma zione dell’unità e indivisibilità della Repubblica, articola i pub blici poteri in una pluralità di livelli istituzionali. Il comune è riconosciuto come la struttura primaria del siste ma delle autonomie, ente esponenziale dei problemi della comu nità locale, della quale cura gli interessi e promuove lo sviluppo. Il ruolo della provincia è rilanciato quale livello intermedio fra comune e regione e a essa vengono attribuite importanti funzio 22 ni per la cura degli interessi e lo sviluppo della comunità pro vinciale. L’autonomia statutaria e finanziaria, riconosciuta agli enti in discorso, trova come unico limite il rispetto delle leggi e del prin cipio del coordinamento della finanza pubblica. Viene introdotta una classificazione fra funzioni proprie, di cui comuni e province sono titolari, e funzioni attribuite o dele gate dallo Stato e dalla regione e che comuni e province esercita no secondo le leggi statali e regionali. Le funzioni proprie sono quelle indicate successivamente dal l’art. 9, per il comune, e dall’art. 14, per la provincia. Le funzioni attribuite possono avere duplice provenienza: dallo Stato e dalla Regione. Nel primo caso, l’attribuzione avviene in virtù dell’espressa previsione costituzionale (art. 118, 1° comma) in base alla quale le funzioni rimesse in via di principio alla re gione ai sensi dell’art. 117, possono essere attribuite ai comuni e alle province quando hanno carattere esclusivamente locale. Nel secondo caso la possibilità che la regione attribuisca funzioni al l’ente locale anche quando non ricorrano le condizioni a cui si è fatto cenno, è da considerare un modo di esplicazione del po tere di autorganizzazione dell’esercizio delle proprie funzioni da parte delle regioni, che il legislatore della riforma ha voluto espres samente prevedere per rafforzare il rapporto di cooperazione tra enti locali e regione ed esaltare la funzione legislativa e programmatoria di questa ultima. Per funzioni delegate dallo Stato devono intendersi quelle che il comune già esercita quale circoscrizione periferica dello Stato (ad es. anagrafe e materia elettorale); mentre per quelle delegate dalla regione si rinvia a quanto previsto dal 3° comma dell’art. 118 della Costituzione. Alle regioni viene affidato dall’art. 3 il ruolo di disegnare un nuovo assetto a livello locale delie funzioni amministrative non attinenti ad esigenze unitarie, nell’ambito delle materie di cui al 1° e 2° comma dell’art. 117 e al 1° comma dell’art. 118 della Costituzione, attraverso i comuni e le province. La finalità della norma è quella di fissare i principi fondamen tali di un nuovo rapporto tra regioni ed enti locali minori, che tenga conto dell’esperienza maturata nella prima fase di attua zione dell’ordinamento regionale e dell’esigenza di scongiurare il rischio di un neo-centralismo regionale che hanno suscitato le proteste dei comuni e delle province. La regione insomma dovrebbe essere sempre meno soggetto di amministrazione e sempre più soggetto di legislazione e di pro grammazione. 11 sistema amministrativo delle regioni dovrebbe essere organizzato calibrando le funzioni regionali con quelle co munali e provinciali a seconda delle dimensioni dei rispettivi in teressi. II principio dell’art. 5 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica adegua i principi ed i metodi della propria legisla zione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, si riferi sce anche al legislatore regionale, perché nell’esercizio della fun zione legislativa presti appunto più attenzione al potere-dovere di valorizzare le autonomie locali. Da ciò si evince che detta riforma non si esaurisce in un unico provvedimento, ma necessita di più interventi legislativi Essa va vista come un processo costituito da un susseguirsi di interventi finalizzati a trasformare l’ordinamento vigente per renderlo con-