il diritto di manara che i vicini di Coredo, Smarano, Sfruz avevano sulla
foresta comune; le consortèle della
Val di Rabbi, ossia "comunioni pro­
vate di beni, già vicinali, per lo sfrut­
tamento dei boschi e dei pascoli in
base ai propri statuti; i feudi e le vicinie proprietarie di boschi di cui go­
dono i vicini di determinate famiglie;
il diritto di albero nell’Alto Garda tren­
tino dove gli uliveti (olivaie) sono co­
munali dati in usufrutto a vicini; il
conseguente diritto di superficie che
prevede la vendita o l’affitto di un al­
bero ma non del terreno dove si tro­
va; altrettanto avviene per i castagni
in alcuni comuni della sponda sini­
stra della bassa valle di Cembra. An­

cora: il diritto di caldaia riferito alle
malghe della Rendena. Esso era tas­
sativamente applicato ai soli "fuochi
fumanti" della comunità di villa pro­
prietaria dell’alpe.
Seppur in tutt’altro ambiente e con
diverse formulazioni regolamentari e
la connessione fra sfruttamento pri­
vato della terra e proprietà collettiva
della medesima, si ritrova nelle Par­
teciparne agrarie emiliane della re­
gione fra il Panaro e il Sillaro. Nelle
Partecipanze, il patrimonio fondiario
collettivo viene periodicamente ripar­
tito mediante sorteggio fra i maschi
dei discendenti dei gruppi familiari
originari. Il che avviene nel Trentino
anche nei citati Feudi e Vicinie, fon-

dati su statuti diversi dalle tradizio­
nali regole di proprietà indivise, quale
l'uso civico.
L’intreccio di diritti e di doveri co­
munitari si ritrova impresso nei libri
comunali delle Frate, delle Manare,
del Legname, degli Alberie nelle al­
tre carte che scandivano la vita atti­
va di ogni comunità di villaggio.
Si tratta di una grande lezione di
cultura, di autogoverno, di saggia
manutenzione del territorio.
Non è forse, tutto questo, e altro,
una proiezione in maxischermo di un
paesaggio remoto, ma vivacissimo e
democratico, libero, del quale riman­
gono oggi soltanto i ruderi?
□

Enrico lemboli

LA MANCATA TUTELA
DELL’AMBIENTE E DEL TERRITORIO
I rispetto della natura e del
I territorio rappresenta il se1 gno di civiltà di un popolo.
HHI Per difendere un patrimonio
di vita e di armonia di cui hanno bi­
sogno, i popoli debbono prendere
coscienza della realtà che li circon­
da; le conquiste in difesa dell’am­
biente sono quindi tappe importanti
del progresso umano, da difendere
con vigore, visto che al momento i
beni ambientali non sono più sovrab­
bondanti come prima: il loro utilizzo
(aria, acqua, suolo, flora, fauna) è di­
ventato un fattore determinante nei
criteri che orientano le scelte di pro­
duzione e di acquisto dei beni da par­
te dell’uomo, in una logica di merca­
to in cui il costo diventa l’unica discri­
minante vista la indifferenza di fron­
te alle conseguenze che determina
l’enorme consumo delle risorse am­
bientali o la loro distruzione a causa
di incendi. Questi ultimi, sono un ve­
ro olocausto ambientale che, in ter­
mini economici costa pure 15 mila
miliardi all’anno, con la media di 5-6
mila ettari di bosco bruciati e la cui
causa, spesso è legata al comporta­
mento irresponsabile ed alla disat­
tenzione degli uomini.
Bruciano gli alberi, intere flore, tonI nellate di ossido di carbonio vengo­

no emesse quotidianamente in misu­
ra superiore a quella che l’atmosfe­
ra può assorbire; lo stesso ecosiste­
ma, un ciclo che una volta riusciva
a rigenerarsi, oggi non ce la fa più in
quanto gli scarichi non sono più co­
me una volta di natura organica. Si
pensi, ad esempio, che un olio esau­
rito gettato nella terra impegna, co­
me tutti gli altri idrocarburi, un seco­
lo a rigenerarsi; inquina le falde ac­
quifere, i corsi d’acqua scaricano nel
mare che pur grande che sia non ha
la capacità di rigenerare tutte le so­
stanze estranee che vi si immettono.
Una serie di comportamenti del­
l’uomo che sono andati ad incidere
sulla biosfera del pianeta terra, di­
chiarato ammalato dalla "scienza"
ufficiale quando parla dei tanti ma­
lanni, tra cui "il buco nell’ozono’’,
causa dello sconvolgimento delle
stagioni e di tante altre conseguenze.
Sarà tutto vero? Si può in ogni caso
porre rimedio?
Sono convinto che per arrestare il
degrado ambientale, prima delle leg­
gi, può e deve la cultura del settore,
l’informazione e l’educazione; un’a­
zione necessaria affinché il cittadino
sia soggetto attivo di un processo in
cui le Istituzioni debbono dare l’e­
sempio, educare e prevenire, deter-

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minando la cultura del rispetto am­
bientale fino a farlo diventare un
comportamento naturale, quotidiano,
che sostituisce il criterio della conve­
nienza economica immediata.
Il Governo centrale, le Amministra­
zioni Locali e regionali, debbono ado­
perarsi per incidere nei diversi settori
che comunque si colleghino al terri­
torio e aH'ambiente, quali l’industria,
l'energia, i trasporti, l’agricoltura, il
turismo; settori che vanno coordina­
ti in una politica di ampio respiro con
il coinvolgimento delle aziende pub­
bliche e private, in modo da produr­
re uno sforzo per meglio coniugare
sviluppo ed ambiente.
L’ambiente non è un optional né
un bene infinito, è una cosa di tutti,
una realtà di cui dobbiamo averne
coscienza.
Ma la coscienza ambientale non è
fatta di parole o di slogan; è una con­
vinzione cui biosgna pervenire a po­
co a poco, ritenendola parte inte­
grante del vivere civile; una consa­
pevolezza della grande attenzione
che dobbiamo porre agli effetti del­
l’attività dell’uomo.
Non dobbiamo svegliarci solo
quando succedono grandi disastri
ecologici (inquinamenti chimici (Seveso), o incendi che divorano mon-