GAUDENZIO FRASCOTTI
nel cinquantenario della morte
La Bastia è una frazione di Borgosesia
posta sopra uno di quei colli che scendono
dal Monte di S. Grato verso la piana del
Borgo. Ricca di castagneti, di declivi pra •
tivi e di frutteti, essa riceve al mattino il
primo raggio del sole che spunta sui colli
della Colma e l’ultimo bacio quando, in
un barbaglio d’oro, esso scende a nascon­
dersi dietro la mole imponente del Monte
Barone.
Poche case civili; una bella chiesa or­
nata da pregevoli dipinti seicenteschi del
Gianoli di Campertogno: ecco Bastia. Un
silenzio immane fatto per la serena me­
ditazione e per l’idillio aleggia sul luogo
come in un paese di sogno.
Qui, discendente da antica e cospicua
famiglia del luogo, nacque da Maurizio
e da Picchi Maria, nel 1848, Gaudenzio
Frascotti, che fu insigne professore di let­
tere classiche e la cui attività letteraria
trova, in Valsesia, riscontro soltanto in
quella di Giovan Battista Rasario, illustre
grecista del secolo XVI, e in quella del
Padre scolopio Giuseppe Draghetti, au tore di epigrafi latine nella seconda metà
del secolo XVIII.
Troppo succintamente hanno parlato del
Frasconi il prof. Strigini nel necrologio
pubblicato sull’ « Almanacco-Guida della
Valsesia » del 1905 e il prof, don Calderini nella commemorazione che di lui fece
nell’adunanza generale della Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno di
Varallo il 20 agosto 1904. Il di lui ricordo
è conservato soltanto dal cenno che ne
fece don Luigi Ravelli nelle sue « Guide »,
trattando degli uomini illustri di Borgosesia. Ci sia concesso, quindi, di par­
lare diffusamente di lui, quest’anno in
cui si compie il primo cinquantenario
della morte.

***
La felice disposizione del Frascotti per
gli studi classici si rivelò fin dalle classi
liceali quando a Novara, negli anni 18631864-1865, era scolaro di Stefano Grosso,
illustre latinista, e poscia all’università
di Torino, ove ascoltò le lezioni di Tom­

maso Vallauri. Ottenne la laurea col mas­
simo punteggio con una bellissima disser­
tazione su Pindaro e fu anch’egli profes­
sore.
Dopo di aver insegnato all’istituto Pa­
terno di Torino, passò all’insegnamento
governativo nei licei di Cagliari, Pistoia,
Faenza e infine nel Liceo Cristoforo Co­
lombo a Genova, e qui morì il 3 gennaio
1904 tra il più largo compianto degli amici
e degli allievi. Questo il suo breve « cur­
riculum vitae » di professore che visse
modestamente, maestro altresì di vita one­
sta e dignitosa per i famigliari e per .
suoi scolari. Però l’insegnamento non as­
sorbì tutta la sua vita.
Professore « homo scholae », come bene
fu definito dal « Caffaro » di Genova (2021 giugno 1904), sempre, ma in questo
senso, che egli nella scuola aveva imbe­
vuto la sua anima di spirito classico, aveva
fatta sua una concezione di vita letteraria,
l’estetica dell’Ellade antica e della antica
Roma.
Conoscere ogni sfumatura delle lingue
classiche, specialmente del greco, ricco
com’è di sfumature, è opera difficile del
filologo; saperne ricreare lo spirito e le
forme indica qualche cosa di più: svela
lo spirito dell’artista.
Questo è quanto il Frascolti fece nella
traduzione della canzone « All’Italia » del
Leopardi in lingua greca, nel primo cen­
tenario della nascita del grande di Re­
canati. A tradurre il Leopardi giovò il
Frascotti l’incitamento di Giosuè Carducci,
come appare da una lettera del 12 feb­
braio 1897.
Traduzione, si è detto, per seguire la
voce usata da quelli che ne parlarono (c
furono molti cd insigni), al momento in
cui apparve; ma si sarebbe dovuto dire
meglio interpretazione. Pietro Giordani,
che fu il rivelatore del Leopardi, disse il
suo poeta paragonabile soltanto ai Greci.
Per che cosa? Certo per la trasparenza
cristallina del pensiero, non per la forma
e per lo spirito, che sono prettamente mo­
derni ed italiani. Una grande difficoltà do­
vette affrontare il Frascotti: rendere nella
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