[Bg 0 Un grande cuoco valsesiano Non so quante volte Domenico Stragiotti, uno dei più famosi cuochi d’Italia, quando tor nava a Sabbia per concedersi un breve periodo di riposo, m’ha invitato ad andarlo a trovare in uno dei grandi alberghi dove egli lavorava. — Mi piacerebbe tanto ricevere la tua gra dita visita, perchè vorrei che ti facessi un’idea del nostro lavoro. Se aspetti ancora un po' sarà troppo tardi perchè, ormai, sono giunto alla fine della mia carriera c sto per ritirarmi definitiva mente al natio paese. Se non ti sbrighi, fra pochi anni, in un grande albergo non mi vedrai più! Ed io, come succede a tutti, promettevo sempre e non mantenevo mai. Attendevo però l’occasione propizia per fargli una sorpresa. Una mattina, tornando da Roma, decisi di accontentarlo c mi fermai a Rapallo. Salii sulla carrozza del grande albergo New Excclsior Ca sinò c, pochi minuti dopo, ero da lui. Mi accolse a braccia aperte, come un figlio, felice di rive dermi. Si avvicinava l’ora del pranzo ed aveva molto da fare. Visitai il reparto cucina, osservai il lavoro intenso dei cuochi e seguii il movimen tato andirivieni dei numerosi camerieri. Rimasi stupito della precisione e, soprattutto, della cal ma con la quale ogni mansione veniva sbrigata quasi in silenzio, con perfetta regolarità. — Ora devi dirmi cosa vuoi mangiare — esclamò sorridendo mentre gustavamo un aperi tivo —. Qui non manca nulla. Ordina ciò che vuoi e l’avrai. Gli chiesi un risotto, c lui mi batte confiden zialmente la mano sulla spalla dicendomi: — Hai voglia di scherzare? Il salone è pieno di clienti. Ci sono anche dei nobili. Prima di loro però, oggi, servirò te. Ti farò passare dinanzi tutte le portate. Sceglierai quelle che gradisci di più. Capito? Si mise a dare gli ordini in lingua francese: termini tecnici che non avevo mai sentito, ed i camerieri iniziarono il servizio mostrandomi, ben disposta sui piatti, ogni grazia di Dio. Poi, visto che non aprivo bocca, il valente capo-cuoco mormorò: — Ti piace l’aragosta con la majoncse? Sì? Allora coraggio, mangiala tut ta! —. E me la fece servire. 11 pranzo — inutile dirlo fu veramente luculliano. Al pomeriggio, terminato il servizio, con lui e con un altro espertissimo cuoco sabbiese, il simpaticissimo Costantino Stragiotti, visitammo in auto l’incantevole riviera. Non volli rientrare all’albergo perchè non mi sentivo di far onore, 12 un’altra volta, alla lauta mensa, e ci fermammo ad attenderlo in una trattoria. Arrivò con un re galo: un magnifico « gateau »! Mi accompagnarono alla stazione e presi il treno alle due del mattino. Eravamo tutti piut tosto commossi ed insolitamente allegri. Non appena rimasi solo nel vagone, mi addormentai. Per fortuna, a Genova, mi risvegliarono le abba glianti luci della stazione. Feci appena in tempo a balzare dallo scompartimento ed a cambiare treno. Se avessi tardato ancora sarei andato a finire... a Nizza! Più di una volta, parlando con lui, gli ho manifestata la mia intenzione di scrivere qualcosa sulla sua nobilissima vita. Semplice e modesto, si è sempre rifiutato di narrarmene i particolari. — Scriverai di me, se proprio vorrai, quan do non ci sarò più —. continuava a ripetermi. — Come potrò scrivere — aggiungevo per convincerlo c indurlo a parlare di sè stesso — se non mi dite nulla? Una di queste sere, a Sabbia, riuscii final mente a strappargli alcune confidenze che mi per mettono di ricostruire la sua carriera e di addi tarlo, quale luminoso esempio di perseveranza e di laboriosità, a tutti i giovani desiderosi di con quistarsi, a prezzo di duri sacrifici, senza i quali nulla si può ottenere, un invidiabile avvenire. Domenico Stragiotti ancora dinamico, atti vo ed animato da straordinario spirito giovanile, è nato a Sabbia nel 1881. Suo padre, Luigi, già muratore in Savoia, si era poi ritirato in paese dove gestiva una modesta osteria. Non aveva ancora 13 anni quando si recò a Novara a fare il « piccolo » in un albergo. Quando suo zio, Rocco Carlo, segretario comu nale a Sabbia c vice-segretario nel Comune di Varallo, morì improvvisamente, non ancora tren tenne, nel vecchio albergo varallcsc del « Cannon d’Oro », egli si trasferì in questo rinomato eser cizio per un paio di anni. C’era una clientela varcmcntc scelta, in quei lontani tempi, al « Cannon d’Oro », frequentato dal presidente del Tribunale, dal procuratore del Re, dal sindaco, autorità c professionisti. Ed il nostro Domenico, apprendista di cucina, sveglio, attento ed ubbidiente, sapeva farsi amare e ben volere da tutti. Poi, richiesto da un amico, si recò a Torino, dove lavorò, per circa tre anni, alla « Dogana Vecchia », gestita dal noto alber gatore Giovanni Giacobini di Fobcllo. Si trovava, senza dubbio, in uno dei più rino mati ristoranti di Torino, in mezzo a clienti de gni di ogni riguardo, tra cui non pochi deputati