: ^ì('C)7(l(itida P1KET TURLO Nelle prime ore del pomeriggio del 2 aprile 1951, la pallida luce di una « lum », simbolo per noi valsesiani di un’epoca ormai remota, ha ri schiarato il sereno trapasso di Pinet Turlo, il poeta-calzolaio di Grignasco. Mentre scriviamo queste poche righe, ci sembra di vederlo ancora passeggiare per le vie della « sua » Grignasco, col suo fare semplice, caratteristico, gioviale, col suo viso bonario; ci sembra di rivederlo, lui, il buon Pinet Turlo, umile, affettuoso, con addosso il grembiulone da calzolaio, dall'animo generoso, nobile, dal cuore colmo di saggi con- canto vedi, prima - d’un bel paio di scarpe, sul deschetto - fra chiodi e pece, uscir più d’un so netto! ». Così scriveva di lui, nel lontano 1923, un'altra cara, indimenticabile figura, che ap partiene alla nostra Valle, il prof. Pietro Strigini. Ricorrendo oggi il settimo anniversario della dipartita di Pinet Turlo, questa Rivista — crea la per valorizzare la Valsesia, una valle alpina verde, incantevole, ricca di inestimabili tesori naturali e artistici, che ha avuto nel poeta-cal zolaio di Grignasco un fervido, appassionato « cantore » —, vuole onorarne la venerata me moria, pubblicando due sue poesie dialettali : LA PRESSA DI FOUMNI : LA VEGGI A LUM !'« arneis ad feru » che ha ispirato al poeta una stupenda lirica, pervasa di dolcezza e di nostal gia. E ci inchiniamo alla bella, cara figura di Pinet Turlo, il quale, con una preziosa eredità di affetti c di sentimenti, ci ha lasciato una ideale bandiera di valsesianità, che egli ha sem pre tenuto alta con entusiasmo, con fierezza, co me un simbolo sacro. R. Z. La ve<idia Limi sigli, sempre pronto a sostare con gli amici, con i coscritti per rivivere un particolare, un fatto passato. La sua lunga vita — segnata da gioie c da dolori, da soddisfazioni e dalla perdita di persone care, fra lé quali il suo figliuolo Gui do, in giovane età — la possiamo, a ragione, ragione. definire una «missione»: di amore per la sua Patria, per la sua Terra, di bontà, di cultura, nella quale egli, sempre, fino all’ultimo, fino al momento in cui il suo grande cuore ha cessato di battere, si è dedicato alla poesia, alla fami glia, al lavoro. Questo era il suo mondo, il suo orgoglio. «Lui batte e canta: col martello pe sta - le ritmiche cadenze, e nella testa - ferve cosi il lavor dietro la rima - che, come per in- 4 Veggio lìmi, arneis ad feru buttàa qui 'risemina j’arciaji centu storii jeu cuntaji senza mai parlèe da ti; lassa dàce chi la rnansònna. riparlami dì iemp chi i’jeru, tal me vers c’iè qui co 'l sbrina: rottonaria favori. Veggio limi dia povra Bella che d' seti pari l'ha 'rditalla. per quenc’usi l'Iian drovalla sditi ricorda teusdi ’neiun: come ’n veggio, che la viltà per al ben Ve stacc dia stella, sol lu lassù mè di’ armitta, e contèe... n'janca per un. Ma qui l’euggiu d'I’antenatu vogh la limi a cl’è vestija s’ ciarèe tutta la famija. pòoc bombàas par la stupiti; olio d* nòoos eie ma franduja disgustòos par al palata a la bagna... e sta gozzuta tuli a costa niezz quattri ri. E stu ciiiar straordinario véri druvii ’t’la noce scura quanc che i mari g'han in cura dint ’t’la emina. ’l pitta moti. Peni al mali a la druvava scrivi ’nciumma la scartanti ; an co ’l pari peni l’usava tal granèe fée cori ’l rati.