na valletta da scoprire: i< v n. mi; vi $ewna costellata da 18 laghetti alpini Già incominciano ad affluire da ogni parte, in alta Valsesia, i villeggianti ed i turisti che, per sfuggire al solleone ed all’afa opprimente della pianura, vengono a godere nelle nostre vallate un breve periodo di meritato riposo. Quasi tutti conoscono le tre principali valli valsesiane, Grande, Scrmenza e Maslallone, ma pochi sanno che ne esistono anche molte altre, meno lunghe ed ampie ma altrettanto belle e sugge stive. Fra le vallette minori che tributano le loro acque al Sesia, vi è quella della Val Vogna, una delle più pittoresche e tale da poter essere para gonata alle più celebrale e decantate vallette svizzere. Essa si apre a ponente del centro di Riva-Valdobbia ed è percorso da una mulattiera, dapprima ripida e soleggiata e poi comoda ed ombreggiata, che si snoda tra prati e pascoli co stellati da fiori assai profumati lasciando ai ,mar gini minuscoli paesini ed annose selve di ver deggianti faggi, abeti, pini e tremule betulle. La Val Vogna, arcadica e gentile, la più estesa delle vallette minori valsesiane: 10 chilo metri da Riva al Colle di Valdobbia e 13 chi lometri da Riva al Colle del Maccagno, località ben nota per la confezione della « toma », il famoso formaggio prodotto nella zona. A circa mezz’ora di strada da Riva Valdob bia s’incontra il solitario chiesuole della Ma donna delle Pose (m. 1243) così denominato dalla consuetudine che hanno le montanare, che salgono o scendono lungo la mulattiera, cariche di enormi pesi, di sostare in questo luogo per riposarsi e per mormorare alla Vergine protet trice una preghiera. A sinistra di questo bianco oratorio si scorgono ancora le tracce di un ba stione munito di vedetta costruito, sopra un ter reno morenico, che ricorda l’esistenza di un vasto ghiacciaio, a scopo di difesa in tempo di guerra, o come <cordone sanitario per arginare qualche epidemia. Superalo questo punto, dove il paesaggio assuine un aspetto fantastico, orrido c pittoresco nello stesso tempo, c: dove il torrente sottostatile, che dà il nome :alla valletta, mugghia spumeggiando in un profondo abisso, la scena cam bia, diventa dolce e graziosa e presenta al turista l’incanto di un verde pianoro ombreggialo da frassini, larici ed ontani tra i quali s’intravvcdono i grigi tetti dei casolari di Vogna Sotto. Pochi minuti dopo, valicato il ruscello di Sorveglio, si giunge, costeggiando cespugli, rodo dendri ed alle felci, a Cà di Janzo, adagiala alle falde del Corno d'Olro, ridente villaggio semi nascosto da giganteschi abeti, dal quale si am mira uno stupendo panorama. Una vecchia cappclletta, che reca sulla fac ciala una lapide del 1458 rinvenuta dal famoso abate Carestia, botanico di notorietà europea, nella borgata di Oro, saluta il viandante all'en trata del villaggio, un tempo assai frequentalo per i suoi rinomali alberghetti. Proseguendo si incontrano diverse gaie frazioncine e poi la chiesetta di S. Antonio attor niata da un gruppo di casette civettuole; sulla destra si snoda la strada che conduce al Vallone del Forno ed al Corno Bianco (ni. 3320), la più alta punta valsesiana, dopo la Punta Vittoria (ni. 3461), sul massiccio del Rosa. La mulattiera, oltrepassata una magnifica pineta, s’inerpica quindi fino alle frazioni Piane e Peccia (m. 1531) adagiate nel punto più ri dente della Valle. Nel villaggio della Peccia, e precisamente sulle pareli esterne della sua linda chiesuola dedicata a S. Grato, si scorgono ancora segni di firme strane tracciate, il 20 maggio del 1800, da 400 soldati austriaci fuggiti da Grcssoney perchè tagliali fuori dal loro corpo dal l’esercito napoleonico sceso dal Gran San Ber nardo, e, il 27, da gruppi di soldati francesi che, il giorno seguente, presso la chiesa di S. Gio vanni di Varallo, si sono scontrali con gli au striaci del principe di Rohan. Nelle vicinanze sono tuttora visibili avanzi di mura ciclopiche, resti di un antico bastione che, come quello già ricordato della Madonna delle Pose, venne edi ficalo a scopo di difesa guerresca o per esigenze sanitarie. Continuando il cammino si incontrano due torrentelli che si congiungono per formare il Vogna, ricco di grosse e prelibate trote. La Valle, quindi, si biforca: a sinistra si apre il Vallone del Maccagno c, a destra, quello di Valdobbia. Il primo, lungo circa 7 chilometri, presenta una fioritura di belle malghe dominate dall’Alpe del Maccagno (in. 2193) adagialo in un meraviglioso bacino di smeraldo, presso due stupendi laghetti. Il maggiore, di forma bislunga, ha un diametro di m. 122 e l’altro, a ponente dei casolari, di forma circolare, ha invece un diametro di metri 52. L'alpe vanta inoltre una sorgente di acqua freschissima (3° C.) ed una baita che, con ogni probabilità, appartenne agli antenati di Quintino Sella. Sopra una sua architrave si legge infatti la seguente scritta: Scia 1583 P., e sopra una gra dinala esterna: G. Sella, 1760. Dal Maccagno si dipartono altre due vie: 5