7 febbraio 1886 L' E CON OMIST A 83 zione dell'on. Giolitti concede appena qualche riga a considerare il disavanzo di 200 milioni, ed occupa lunghi ragionamenti per iscoprire, determinare, discutere e valutare disavanzi di qualche centinaio di mille lire. Evidentemente quella non ò discussione fina-ziaria, ma contabile ; e l'on. Giolitti pare concluda : — abbiamo un disavanzo di 200 a 208 milioni; provvediamo quindi a coprire o tre quattro milioni, ma lasciamo i l'JO od i 204. Invece avrebbe dovuto dire come, secondo il suo parere, si potrebbe condurre nel bilancio un pareggio rigoroso. Ciò che secondo noi è grave nell'attuale situazione, e che l'on. Giolitti non rileva quanto basta nella sua relazione, è l'effetto della legge che ora si è votata, e della quale lo stesso deputato fu caldo fautore, specialmente per ciò che riguarda gli sgravi. Con quosta legge si viene a cristallizzare il bilancio per molti anni, che sono previsti in un periodo lino al 1889 dall'on. Maglioni, ma che andrà molto al di là quando si pensi alle ignote conseguenze della applicazione di una aliquota ribassata. Ma di questa parte degli effetti della legge di perequazione, avremo modo di discorrere in seguito. Abbiamo detto ohe la legge stessa porta anche una seria perturbaziono ai bilanci comunali, e infatti negli ultimi articoli venne approvata una disposizione che proibisce d'ora in poi ai Comuni di oltrepassare colla sovraimposta il cento per cento della imposta , ma autorizza in pari tempo a mantenere le eccedenze risultanti dall'ultimo triennio. Quale è la conseguenza di questa disposizione in tali termini approvata ? — Che tutti i comuni i quali attualmente hanno per qualunque ragione, buona o cattiva, utile o dannosa, logica o no, oltrepassato il limite legale, potranno continuare a farlo ; tatti gli altri che nell'avvenire si trovassero in vero bisogno di oltrepassare il limite cbe hanno fin qui osservato, dovranno aspettare la concessione per mezzo di una legge speciale. Avremo quindi tradotto in fatto quasi normale una condizione di ense, contro la quale si è tanto gridato ed a rimediare la quale doveva la legge provvedere, cioè avremo divisi i comuni in due classi distinte ; quelli cbe possono oltrepassare il limite legale prefisso del cento per cento, e quelli che non lo possono. E non si tratta di poca cosa ; si tratta di più che 4000 comuni che, compresi i fabbricali, eccedono nella sovraimposta per quasi 50 milioni; evi sono 2204 comuni che sovraimpongono da 101 a 200 centesimi per ogni 100 di imposta, 526 che vanno da 201 a 300 centesimi, 142 da 301 a 400, 62 da 401 a 500, 27 da 501 a 600, 13 da 601 a 700, 17 da 700 e più centesimi. A noi questa disposizione pare addirittura enorme e crediamo necessario che sia corretta prima che la legge abbia ad essere un fatto compiuto. L' Economista ha sempre propugnata la necessità di frenare i comuni nelle spese e nella inclinazione di aggravare la proprietà fondiaria, ma ha anche dimostrata la necessità di raggiungere questo intento in modo per lo meno ragionevole. Infatti nel nostro numero del 18 ottobre noi proponevamo una disposiziono che dicesse : — entro cinque anni i comuni dovranno ridurre la sovraimposta al limite legale, quando non provino aver soddisfatto alle seguenti condizioni: 1° di aver ridotto le spese facoltative ad un settimo delle spese effettive; 2° di aver portata la tassa di famiglia o di focatico, o sul valor locativo ad un decimo del totale delle entrate. La Camera invece ha presa la peggiore delle disposizioni, poiché ha consacrato per legge e cristallizzato queil' inconveniente che aveva suggerito un provvedimento radicale. Noi ci meravigliamo veramente che le rappresentanze comunali abbiano taciuto fino ad ora, e speriamo che faranno in tempo quanto occorre perchè sia tolta una disposizione che nella teoria e nella pratica manca di ogni giustizia. SOCIALISMO E PROTEZIONISMO In un recente numero ') abbiamo detto, parlando di libertà economica e di libertà politica, che avremmo cercato di spiegare su questo importantissimo argomento una serie di punti, che in certo modo presentassero come un programma di politica economica liberale. Manteniamo la promessa, esaminando qui uno di questi punti, quello cioè che riguarda uno stranissimo equivoco, che si è fallo strada nella mente di alcuni, per il quale pare loro possibile di difendere i principi*! — se così si possono chiamare — del protezionismo, o della difesa del lavoro nazionale, senza essere socialisti, anzi pretendendo combattere il socialismo di Stato. A noi invece pare tanto evidente che il protezionismo non è che la forma più cruda del socialismo di Stato, che crediamo per lo meno illogica la posizione di coloro che intendono difender l'uno combattendo l'altro. È ben vero che il dimandare oggi la logica ai fautori del protezionismo è forse pretendere cosa soverchia, poiché tanta è la passione con cui alcuni cercano di divulgare e rendere evidente la nuova teoria della difesa del lavoro, che non badano più che tanto alle contraddizioni a cui si espongono. Così ad esempio in un giornale di Milano, il Commercio, il quale si professa difensore del « sacrosanto sentimento della necessità d'una difesa della produzione e del lavoro nazionale », troviamo il seguente periodo. « Generalmente ed effettivamente però la inneggiata teoria dei liberi scambi rimase piuttosto un ideale de' corifei della scuola e de' falsi politicanti, che d' ogni parvenza di liberalismo s' ammantano, briacandosene a danno del sano senso pratico, e con inganno proprio e d'altrui. E la realtà è questa : che nèll'addivenire a trattati internazionali di commercio, i rappresentanti dei vari paesi sempre si studiano di concedere il meno di libertà ai contraenti, e di serbarne per sè il più possibile; e sempre il più astuto e il più forte impone a chi è debole, o per necessità politiche deferente. E l'Italia, specie nei trattati colla Erancia, pagò sempre assai cari gli alcuni vantaggi avuti più come esca che come effettiva corresponsione ». A parte il corifeismo, le briacature ed i falsi politicanti, delle quali espressioni, per lo meno poco parlamentari, è infiorato il periodo, che cosa si potrebbe dedurre da quella vivace sfuriata ? Che i trattati di commercio sono molto diffìcili a ') Yedi Economista, 13 Decembre 1885.