22 luglio 1888 L’ ECONOMISTA 481 Cifra che va fino a st. 2,288,230aggiungendovi gli affari fatti dalle fabbriche. [,e due società, cioè l’inglese e la scozzese, impiegano da 3000 persone. La società inglese possiede un mulino per il frumento del costo di 70,000 lire st., e quella scozzese ha comperato del terreno, ove intende concentrare le sue fabbriche. Le società cooperative di produzione erano 66, e la loro produzione nel 1886 fu di st. 1,551,203. Le più importanti fra le società cooperative di produzione sono quelle che esercitano mulini per la macinazione dei cereali, le quali infatti nel 1886 dettero una produzione di si. 1,075,830 lasciando alle altre solo st. 475,364 Le prime erano 18 e le seconde 48. LETTERE PARLAMENTARI La fine detta discussione sulla legge Comunale e provinciale. Roma, 19 Luglio. La Camera chiudeva oggi i suoi lavori approvando con 269 voti favorevoli e 97 contrari la riforma della Legge Comunale e Provinciale, discussa un poco per amore e molto per forza. Nonostante il eooidinamento che si è fatto stamani degli emendamenti con gli articoli, la legge risente e risentirà di una certa incoerenza, proveniente specialmente dall’avere poco studiato la legge e le sue conseguenze (ciò valga così pel Ministero come per la Commissione), e dall’ avere accettato in fretta alcuni emendamenti, che meritavano di essere ponderati e forse respinti. Tanto è ciò vero che in questi giorni si udivano molti deputati dire che era un vero peccato che non si fosse accettato di stralciare dalla legge, per discuterla ed approvarla, la parte riflettente I’allargamento del suffragio e l’eleggibilità del Sindaco, le questioni che si potrebbero dire politiche, in questa legge amministrativa, e che veramente è da ritenersi fossero mature, se uon nella opinione pubblica vera e propria, nella mente e nella coscienza di ogni deputato. Ma questa proposta, di stralcio era venuta I’ anno passato da un deputato radicale, dall’ on. Fazio, e il Presidente del Consiglio non credeva di poter oggi accedere ad una cosa che aveva già disapprovato. E poi il Presidente del Consiglio si era ormai tanto sbilanciato per volere la discussione della intera legge, e per far votare prima delle vacanze ui.a grande riforma che non poteva dare indietro; egli ha molto amor proprio. Tuttavia coll’ amor proprio ha dovuto transigere più d’ una volta in questa discussione; gli argomenti degli uomini pratici lo hanno messo al muro, e gli hanno provalo come i ratizzi — eh’ egli aveva accettato dalla Commissione — erano stati proposti troppo leggermente, senza badare alle conseguenze e specialmente alla necessaria connessione al riordinamento dei tributi locali ; ed egli li ha abbandonati ; gli hanno provato che si può proclamare il principio del diritto al ricovero, ma che questa nroclamazione è vuota e dannosa al tempo stesso, se non vi corrisponde un ordinamento della beneficenza, un riordinamento delle opere pie, qualche cosa iusomma che renda attuabile quel concetto di carità astratta. L’ on. Crispi, con ottimi intendimenti, è facile ad innamorarsi di una teoria, di un principio, trascurando, come tutti quelli che s’ innamorano, i particolari della pratica applicazione. Così gli era avvenuto per l’articolo 95, sul quale egli teneva fermo, nonostante gli attacchi efficaci di numerosi oratori; e ne fanno prova la difesa che di quell’ articolo fecero i giornali officiosi e la dichiarazione poi fatta alla Camera che avrebbe consentito un cambiamento di forma, ma voleva la promulgazione del principio. L’ opposizione però contro l’articolo aumentava a segno che il mutamento di forma rischiava di diventare l’annullamento della disposizione. In tal caso era minor sconfitta rimandare l'articolo ad altra legge, come si era fatto pei ratizzi ; e così avvenne. Queste osservazioni, scritte rapidamente, non hanno la pretesa di essere la critica della legge, la quale è uscita dalla Cameja — non è questo il luogo uè il tempo — ma giovano a provare con esempi l’affermazione che la parte più propriamente ammini-nistrativa della legge, era poco e male studiata. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Varrà invece la pena di addurne un altro sulla leggerezza con cui si sono accettati certi emendamenti, a cui Governo e Commissione non hanno riflettuto abbastanza. L’emendamento Mussi, accettato, votato, approvato, dispone che il Consiglio Comunale eccettuati i centri minimi di popolazione — nomini il Presidente del Consiglio Comunale, che non dev’essere la stessa persona del Sindaco. Ognuno vede che stato di cose, o visibile o temibile, si può crear; in un Comune ! 0 questo Presidente, è un consigliere, magari assessore, alleato del Sindaco, e sarà un vero uomo di paglia, una vera inutilità, che spesso farà una trista figura, perchè la discussione sarà diretta realmente dal Sindaco; o il Presidente sarà un avversario e avremo il principio di una guerra civile; da un lato starà il Sindaco, forte per la cognizione pratica di tutti gli affari e del loro andamento, che avrà celato per quanto è possibile al Presidente: dall’altro starà questo pronto sempre a servirsi di un potente strumento, eh’ è il modo di regolare la discussione, per eliminare o schiacciare le proposte del Sindaco — senza contare eh’è ancora da sapersi chi dei due abbia a far l’ordine del giorno, cosa di grave momento. L’ on. Mussi a quanto si afferma nei corridoi di Montecitorio, proponendo quell’ emendamento pensava unicamente a Milano. Dicono che nella ipotesi — ormai ammessa da tutti come probabilissima — che il Municipio di Milano, colla nuova legge, debba andare in mano del partito radicale, Fon. Mussi credesse bene di avere disponibile nel Consiglio Comunale un posto da controbilanciare quel suo amico, per esempio I’ on. Marcora, che divenisse Sindaco. Per ciò trovò l’idea del Presidente del Consiglio Comunale. Intanto per queste ipotesi che si fanno sul Municipio di Milano, e per la notizia, sempre ripetuta, che I’ on. Fortis, di Estrema Sinistra, avrebbe accettato il sottosegretariato di Stato per l’Interno, soltanto dopo la Riforma Comunale e Provinciale, e che un tale compromesso è fatto unicamente nell’intento di facilitare il viaggio del Re in Romagna, si è dato alla legge il nome di « Legge di Milano e di Romagna ». — Naturalmente è una piccola malignità di colleglli a colleglli, di deputati a