7 Se le riflessioni fin qui
falle appaiono
persuasive, resta ancora
da affrontare una
duplice questione:
1 ) quale interesse (non in
termini di legittimità
sostanziale, della quale già si è
detto nel paragrafo precedente,
ma in termini oggettivamente
contenutistici) possano avere le
Regioni per sollevare questa
questione;
2) quale procedura debba in
ogni caso essere utilizzata per
definire il nuovo (e derogatorio)
procedimento di revisione
costituzionale.
M y L'interesse sostanziale
^Wk delle Regioni a porre
sotto il profilo anche
contenutistico la questione di
quale debba essere il
procedimento di revisione
costituzionale da adottare in
seguito alle intervenute
modifiche del sistema elettorale
è in realtà massimo.
Proprio la situazione di fatto
che si è creata con l'adozione
del sistema maggioritario può
infatti consentire alle Regioni di
riaprire oggi, e al livello più
alto, quello appunto della fonte
costituzionale, la questione del
ruolo che deve essere loro
riconosciuto nell'ambito
dell' ordinamento costituzionale.
8.1.	Come è ben noto, è uno dei
caratteri tipici degli ordinamenti
a forte caratterizzazione
federale (o a «forte
regionalizzazione») che gli stati
membri (o le loro assemblee
rappresentative) siano coinvolte
in vari modi e forme nei
procedimenti dì revisione
costituzionale.
E altresì noto che generalmente
a tale coinvolgimento si
attribuisce l'effetto di esaltare il
ruolo degli stati (e quindi la
struttura federativa
dell'ordinamento), di garantire
gli stati membri che le regole
fondamentali (in questo
contesto riconosciute
esplicitamente fondamentali per
le comunità statuali oltre che
per ì cittadini) non possano
essere cambiate soltanto con
una decisione del Parlamento (o
comunque degli organi
rappresentativi centrali) ma
richiedano anche un intervento
«equilibratore» (e quindi
garantistico) degli stati membri.
8.2.	Del resto, come si è appena
ricordato anche la nostra
Costituzione nell'art. 138 ha
tenuto in qualche, sia pur
modesto, conto questo aspetto,
prevedendo appunto che ove
non venga raggiunta la
maggioranza dei due terzi
(maggioranza che col sistema
proporzionale è di per sè stessa
«ipergarantista») sia possibile
tanto a cinque Consigli regionali
quanto a cinquecentomila
elettori chiedere il ricorso al
referendum «confermativo».
Sembra dunque evidente che il
mutamento del sistema
elettorale, rendendo l'eventuale
maggioranza dei due terzi dei
componenti le due Camere non
più «espressiva»
dell'orientamento di una
analoga maggioranza di elettori,
incide anche sull'efficacia del
ruolo di garanzìa (anche per le
Regioni e le comunità regionali)
connesso al potere dei cinque
Consigli regionali di chiedere il
referendum «confermativo»
solo quando tale maggioranza
non sia raggiunta (e lo stesso si
potrebbe dire, ma qui non
interessa, per quanto riguarda la
facoltà riconosciuta ai
cinquecentomila elettori).
A questo si aggiunga il fatto
che, come già si è detto, in ogni
caso l'art. 138 Cost.,
riconoscendo alle Regioni un
ruolo nel procedimento di
revisione costituzionale,
riconosce ad esse anche un
«interesse qualificato» alla
stessa revisione costituzionale,
legittimandone quindi le
eventuali iniziative in ordine
alla tutela sostanziale degli
aspetti garantistici che esso ha, e
del ruolo concreto che
nell'ambito del procedimento
stesso è ad esse riconosciuto.
8.3. Da tutte queste
considerazioni deriva la
convinzione che le Regioni, di
fronte al fatto che in seguito al
mutato sistema elettorale viene
contemporaneamente: a)
potenzialmente ridotto il loro
ruolo in ordine alla richiesta di
referendum «confermativo» nel
procedimento di revisione; b)
effettivamente diminuito il
valore garantistico del
procedimento ex art. 138 Cost.;
potrebbero porre con forza la
questione di una preliminare
modificazione dello stesso
procedimento di revisione
costituzionale.
In un tale contesto, inoltre,
potrebbe essere seriamente
posto il problema di un ruolo
più ampio e incisivo delle
Regioni nello stesso
procedimento di revisione
costituzionale.
In sostanza: sembrano esserci le
condizioni perché le Regioni,
all'inizio della nuova
legislatura, pongano non tanto e
non soltanto il problema di una
revisione della Costituzione per
quanto riguarda la forma di
Stato, ma pongano anche e
soprattutto il problema di un
nuovo procedimento che veda
una loro incisiva partecipazione
al processo di revisione
costituzionale.
Tutto questo peraltro, come si è
cercato di sottolineare più volte,
potrebbe essere
significativamente fondato sulla
considerazione che un più
incisivo ruolo delle Regioni può
assumere un rilevante ruolo di
garanzia all'interno di un
ordinamento statuale destinato
appunto ad essere riformato in
senso più accentuatamente
regionalista.
Da questo punto di vista un
nuovo procedimento di
revisione che riconoscesse alle
Regioni un ruolo incisivo
potrebbe essere coerentemente
anticipatore di una riforma
costituzionale della forma di
Stato in senso autenticamente
regionalistico.
Anche per questo è ragionevole
sostenere che la nuova frontiera
de! regionalismo nella nuova
legislatura debba essere
individuata prima di tutto nella
questione del procedimento di
revisione costituzionale da
adottare.
Resta da esaminare
l'ultima questione
^^ precedentemente
indicata, quella relativa cioè alle
modalità che devono essere
adottate per modificare l'art.
138 Cost., ripristinandone nel
modo più pieno il valore
garantistico.
Da questo punto di vista, allo
stato attuale sembra necessario
sostenere che il solo
procedimento ammissibile sia il
ricorso al medesimo art. 138
Cost.: procedimento questo,
dunque, che, come è già
avvenuto nell'ultima legislatura
per la Commissione Bicamerale,
dovrebbe essere comunque
utilizzato per definire appunto
un nuovo e diverso
procedimento che ne superi i
limiti attuali dal punto di vista
della sua capacità di attuare e
rispettare il principio garantista.
Né la cosa deve apparire
giuridicamente insostenibile o
politicamente impraticabile:
come si è appena detto, infatti,
proprio questo è ciò che è
accaduto con la 1. cost. n. 1 del
9 agosto 1993.
Ed anche se nel caso che qui si
prospetta ci si trova di fronte
all'ipotesi di una modifica
procedimentale assai più
significativa, e tale da mutare in
senso regionalistico l'esercizio
stesso del potere costituente (ma
si potrebbe giungere sino a una
modifica dello stesso
«soggetto» costituente), ciò non
di meno da un punto di vista
giuridico la prospettiva appare
egualmente sostenibile e
coltivabile.
Più problematica può essere
questa prospettiva sul piano
delle scelte concrete, ovvero, si
potrebbe dire, sul piano
squisitamente politico delle
scelte che il legislatore
costituente deve compiere in
sede di revisione stessa dell'art.
138 Cost..
Non vi è dubbio che possono
esservi molte resistenze, sia di
principio che di sostanza, a una
modifica in senso regionalistico
dello stesso procedimento
costituente.
Ove tali resistenze si
verificassero, tuttavia,
costituirebbero una evidente
spia delle diverse possibili
opinioni rispetto al ruolo stesso
delle Regioni nell'ambito di un
sistema costituzionale
riformato.
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