per sé interessante delle più recenti trasformazioni avvenute negli organismi dirigenti di sezione. Su cento intervistati, 15 risultano iscritti da prima del 1950, 13 hanno preso la tessera tra il 1950 e il 1965, 11 tra il 1965 e il 1970. Peraltro, è a partire dagli anni Settanta che prende avvio l'attività di partito di poco meno del 60% dei nostri interlocutori: ben 23 si sono iscritti tra il 1970 e il 1975, 21 nel decennio 1975-1985 e 17 tra il 1985 e il 1990. Minore, comprensibilmente, è l'anzianità di nomina nei direttivi, che rivela anche un inatteso quanto consistente tasso di ricambio: un terzo degli intervistati, metà dei quali neoiscritti, ha ricevuto per la prima volta tale incarico tra il 1985 e il 1990 e un altro terzo tra il 1975 e il 1985. Anche con riferimento alle esperienze di socializzazione- politica e prepolitica, l'immagine offerta dal campione risulta assai più «aperta» dell'atteso. Quasi il 10% degli intervistati, prima di entrare nel Pei, ha avuto la tessera di altri partiti. Oltre l'80% dichiara di avere, o aver avuto negli ultimi 5 anni, esperienza di sindacato, in tre casi su quattro a livello di vera e propria militanza: tra questi troviamo metà degli impiegati e la quasi totalità degli operai. Tre intervistati su dieci, perlopiù appartenenti a quella che abbiamo definito come la generazione sessantottina, ha avuto esperienza di gruppi spontanei, nella metà dei casi a partire da associazioni o gruppi di matrice religiosa. Quattro intervistati su dieci, perlopiù appartenenti ad una generazione più anziana, hanno o hanno avuto esperienza di associazionismo del tempo libero, in prevalenza ma non esclusivamente, in organismi ricreativi o culturali collaterali al Pei. uanto all'esperienza amministrativa, venti M intervistati su cento sono, o sono stati, consiglieri circoscrizionali e dieci consiglieri comunali o amministratori di enti di II livello: nove hanno anche ricoperto, in diversi ambiti, incarichi assessorili. Inoltre, in posizione di particolare centralità, possono ancora essere segnalati 18 candidati ad elezioni di rango pari o superiore a quello comunale e 26 dirigenti di sezione facenti anche parte del Consiglio dell'Unione, l'organismo dirigente zonale. Mette conto, infine, di ragguagliare il lettore circa la composizione politica del campione, in relazione al voto espresso nel XIX congresso: sui 98 intervistati che hanno reso una esplicita risposta, 57 si sono pronunciati per il SI alla costituente per una nuova formazione politica, 38 si sono espressi per il NO, aderendo alla mozione Natta- Ingrao, e solo 3 per il NO della mozione Cossutta. Anche ipotizzando, e non senza fondati motivi, che le 7 mancate risposte siano da ascrivere al NO, la seconda mozione risulterebbe comunque sottorappresentata di 5 punti percentuali rispetto al voto complessivamente espresso dagli iscritti di questa zona in quella vicenda congressuale. Tuttavia, ciò non implica necessariamente una minore rappresentatività del campione. L'indagine fotografa, per così dire, le opinioni dei quadri di sezione ancora attivi nell'autunno 1990, ma è un dato di fatto che, nonostante una volenterosa attività di «ripescaggio», spesso formalmente giustificata proprio dalla necessità di completare l'inchiesta, non pochi dei militanti che nel gennaio votarono NO, da posizioni fortemente critiche, sono risultati aver abbandonato — non di rado, con espressa determinazione — ogni attività di partito. A fini puramente descrittivi — ma è poco più di una nota di colore, vista l'esiguità del campione — ci limiteremo ad osservare che, da questa indagine, l'adesione al SI risulta prevalere, in misura perlopiù variabile da 4 a 10 punti percentuali, tra gli intervistati in età compresa tra i 30 e i 40 anni e con oltre 60 anni; tra le professioni non manuali, in specie del settore pubblico e più nettamente tra gli insegnanti; tra quanti si sono iscritti negli anni Ottanta — ma ancor più tra gli iscritti degli anni Settanta, purché chiamati solo di recente ad una più diretta responsabilità nei direttivi —; tra gli attivisti delle sezioni di fabbrica, ma in genere non tra quanti hanno accumulato una considerevole esperienza di militanza sindacale; tra gli amministratori circoscrizionali, specie se con esperienze assessorili, e infine tra gli appartenenti al Consiglio dell'Unione. Non è dato invece di registrare alcuna relazione tra la divisione per mozione e la differenza di genere, il ricoprire o meno l'incarico di segretario, il diverso ambito di socializzazione alla politica o, ancora, le diverse dimensioni dell'azienda in cui si svolge l'esperienza lavorativa. Spiegazioni del declino Il questionario sottoposto agli intervistati si articola in due parti, la prima delle quali dedicata all'analisi dei fattori che al di là di tutte le difficoltà bene evidenti della crisi attuale, hanno condotto nel corso degli anni, ad una profonda sindrome da declino, di dimensioni via via più macroscopiche, non solo sotto il profilo elettorale ma anche sotto quello del calo degli iscritti e della sempre più debole tenuta organizzativa3. Alla ricerca delle cause non contingenti della perdita di consenso tra gli elettori, le prime tre domande hanno preso distintamente in esame le dinamiche sociali ed economiche di lungo periodo, i fattori relativi al funzionamento del nostro sistema politico e le responsabilità interne al partito *. È opportuno fin d'ora premettere che, per ognuna delle tre dimensioni, le risposte fornite dai membri dei direttivi di sezione mostrano variazioni assai significative — anche sotto un profilo statistico — in relazione al diverso atteggiamento assunto nei confronti della proposta di costituente per una nuova formazione politica. Se, per iniziare, prendiamo in considerazione le trasformazioni economiche e sociali di carattere «epocale», al primo posto, nella percezione di rilevanza espressa dagli intervistati, troviamo le dinamiche di terziarizzazione, complessificazione e frammentazione della società, complessivamente segnalate da 76 questionari su 105, con massiccio apporto dei sostenitori del SI o degli intervistati più giovani e di più elevato livello di istruzione. A questa diagnosi si ricollega — anche nei percorsi di risposta — la constatazione, in prima istanza enfatizzata dai sostenitori del NO, del venir meno della centralità politica della classe operaia, o del lavoro industriale, in genere, da cui il Pei traeva tradizionalmente la propria forza (62 r.). A parte, in quanto in larga misura non intersecate con le prime due, vanno poi considerate le risposte che, tra le cause principali del declino della forza elettorale del partito, individuano la crisi del sindacato (68 r.) e l'offensiva delle forze conservatrici, a partire dalla fine degli anni Settanta (53 r.), due items che fin dalla prima risposta, pur con un ordine di priorità invertito, vedono un determinante apporto dei «compagni del NO», e che anche nelle risposte successive 8