628 7 ottobre 1900 Ma la più grande causa di drenaggio, la maggiore fra tutte, secondo il Nitti, non solo per la sua importanza, ma per i suoi effetti è stata il debito pubblico ed esso ha determinato tale uuo spostamento di ricchezza, quale non è e-sempio, forse in nessun paese dell'Europa moderna. In qual modo ? Semplicemente perchè il Mezzogiorno che aveva al momento della unità politica piccolo numero di debiti e in proporzione ai suoi abitanti per somme inferiori a quelle degli altri Stati autonomi della penisola, non potè per alcuni anni comperare i titoli del debito pubblico che il nuovo regno andava e-mettendo, pur troppo in tanta abbondanza. Poscia assodato il nuovo ordine di cose, la ritrosia a comperare scomparve, fors'anche perchè i mezzi allora non mancavano più. Dopo il 1870 il Sud cominciò, negli anni in cui gli alti prezzi del granò e del vino facevano rifiorire alcune provincie, a comperare rendita. Dal 1872 al 1886 il Mezzogiorno ricomperò al Nord intorno alla pari o per corsi elevati quella rendita ohe era stata acquistata ai corsi più bassi. Cosi - crede il Nitti di poter concludere - notevole massa di ricchezza dovè ancora emigrare dal Sud al Nord d'Italia, e si accentuò la differenza di situazione che altri fatti avevano determinata. Ma chi ha obbligato il Sud a comperare i titoli del debito pubblico ? Perchè non ha investito quei capitali nelle industrie e nell'agricoltura? Mancava, si dirà, l'educazione industriale; ma chi vietava di procurarsela e di trarne il maggiore e il miglior partito possibile? Se dunque il Sud non ha fatto, per ipotesi, il miglior uso delle ricchezze che andava accumulando, almeno per questa parte è soltanto a sè medesimo e non al nuovo regime instaurato dopo il 1860, e non all'ordinamento tributario, che deve attribuire le conseguenze dannose degli spostamenti di ricchezze. Del resto io stesso Nitti distrugge a pag. 132 gran parte di quell'importanza ch'egli ha attribuito a pag. 139 al debito pubblico, come causa di drenaggio quando scrive : « E' opinione comune che i meridonali, o per poca avvedutezza, o per debole spirito di intraprendenza, investano i loro capitali in rendita pubblica. Spiacevolmente conviene constatare che questa idea è molto lontana dalla verità. 11 Mezzogiorno non ha mai posseduto molta rendita pubblica; ed avendola in generale comprata ai corsi più alti, non ne possiede ora che assai poca ». La media, per abitante, dei pagamenti al netto delle ritenute, eseguiti per il servizio del debito pubblico è di 21.61 pel Piemonte, di 18.70 per la Lombardia, di 31.02 per la Liguria, di 11.07 per la Toscana, di 5.28 pel Veneto, ecc. è invece di 1.99 per gli Abruzzi e Molise, di 10.67 per la Campania, di 2.60 per le Puglie, di 3.11 per la Basilicata, di 2.07 per le Calabrie, di 4.96 per la Sicilia e di 2.45 per la Sardegna. « L'idea stolta, dice il Nitti, secondo cui nel Mezzogiorno sarebbero inattive immense ricchezze monetarie, è derivata dalla più assoluta ignoranza o almeno dalla nessuna conoscenza della vita economica del Mezzogiorno. » Non si può non essere d' accordo con lui, ma in verità non sappiamo a chi appartenga simile idea perchè non l'abbiamo mai trovata; e quelle immense ricchezze monetarie sono della stessa specie dei grandi risparmi, dell 'enorme risparmio in moneta, del consumo notevolmente alto, della massa grandissima di ricchezza che tutta l'Italia ha riversato in alcuni paesi per i forti delle Alpi e via dicendo, chè le esagerazioni, talvolta inconcepibili, che si trovano nel libro del Nitti, sono troppo numerose per riferirle tutte. Da ultimo « tutte le Società commerciali che hanno privilegio o monopolio, tutte quelle che ricevono sovvenzioni ; tutti gli stabilimenti che riscuotono premi sono intieramente o quasi nell'Italia settentrionale e nella centrale. I grandi appalti, le concessioni più vantaggiose sono, o sono stati, in grandissima parte a loro volta nella stessa zona. » Ancora adesso solo Iil5 delle azioni della Banca d'Italia è nel Mezzogiorno; questo è in fondo il solo fatto concreto che il nostro Autore mette in luce, il resto è troppo vago e generico perchè sia il caso di tenerne conto. Ma in verità qui non c' è materia di discussione; basta osservare che ciò non ha a vedere con lo Stato, col bilancio, colle imposte e con le spese, ma riguarda unicamente i meridionali che hanno forse poche simpatie per la Banca d'Italia. Lasciamo andare queste quisquilie e concludiamo. Per tutte le ragioni che siamo venuti riassumendo, il Nitti pensa che fra il 1860 e il 1870 avvenne notevole trasporto di capitali, verso il nord della penisola. E quando il Nord, e sopratutto la Lombardia, fu provvista di grande rete stradale e di capitali si volse alle industrie e spinse lo Stato alla protezione doganale per i prodotti lavorati. Il Sud, che vide diminuire i suoi capitali mobiliari non potè trasformarsi in paese industriale. D'altra parte i suoi prodotti principali: il vino, l'olio, il grano, gli agrumi, lo zolfo, ecc. erano prodotti semplici che non richiedevano processi complicati di trasformazione. 1 paesi meridionali ebbero un colpo mortale dal protezionismo; videro limitato il campo della esportazione, e, nello stesso tempo, dovettero acquistare i prodotti industriali a prezzi molto elevati. Ora il Nitti non tien conto del capitale estero, che pure concorse a formare il Nord industriale, non tien conto nemmeno delle differenti condizioni dell'agricoltura nel Nord e nel Sud, delle condizioni sociali e del grado di sviluppo della istruzione nelle due grandi parti del regno e pertanto non esce dalle solite considerazioni superficiali e non vede come settentrione e mezzogiorno dovevano avere un processo di sviluppo economico necessariamente disforme, e come poca influenza dovesse avervi il nuovo assetto politico e finanziario in confronto a quello che vi dovevano esercitare gli altri fattori di progresso civile ed economico.