Paese. Vi è confusione, sovrapposizione e conflitto nei temi e nelle posizioni di fondo. Il dibattito federale è stato inizialmente dominato e stimolato dall’alternativa, molto dibattuta, fra la creazione di poche macro-regioni e il mantenimento di tutte quelle attuali. Caduta l’opzione delle grandi regioni, la discussione si è rivolta all’alternativa: federalismo delle regioni o federalismo dei comuni. Un altro tema di discussione istituzionale accesa è la creazione delle Città metropolitane. Il partito a loro favore lamenta i ritardi nella loro creazione. Vi è anche un forte partito di scettici e di contrari, che sostiene l’incompatibilità delle grandi Città metropolitane con un sistema regionale, o federale. Nel partito dei contrari primeggiano le province, che hanno beneficiato recentemente di una rivitalizzazione dei loro compiti e di un rafforzamento consistente della loro autonomia fiscale. Un tema vivacemente dibattuto da sempre è la dimensione dei comuni. Cosa aspettiamo, chiedono alcuni esperti, ad aumentare le dimensioni medie dei comuni italiani con fusioni e accorpamenti? Ma le resistenze sono consolidate e fortissime. Ci sono in Italia più di 100.000 consiglieri comunali, una quota consistente dei quali perderebbe la carica, se la dimensione minima dei comuni venisse portata anche solo a 3.000 abitanti. Ma a parte i motivi personali, ci sono anche ragionamenti tecnici ed esperienze pratiche a sostegno della tesi che l’aumento delle dimensioni comunali non è l’unica via. Infatti, le nuove tecnologie e i miglioramenti organizzativi effettuabili nella produzione di servizi hanno ridotto enormemente i divari di costo e di efficienza fra i comuni piccolissimi e gli altri. Meno rilievo hanno nel dibattito presente i temi finanziari, ma importanti trasformazioni sono state effettuate o sono attualmente in corso. Anche se alcuni giornali hanno definito, molto impropriamente, l’ICI come l’imposta più impopolare, gli effetti della sua introduzione sulla politica dei comuni si stanno cominciando ad avvertire. I sindaci sono giudicati non più sulla base della capacità di ottenere finanziamenti statali, ma sulla loro capacità di usare il denaro che prelevano ai loro cittadini. L’autonomia finanziaria comunale, che ora comprende anche un’addizionale sull’IRPEF, dovrebbe essere completata prossimamente con l’attribuzione di una compartecipazione consistente alla stessa IRPEF. Anche le regioni dispongono, a partire dal 2001, di autonomia tributaria mediante la manovra delle aliquote dell’IRAP. Come si vede, i temi tecnici si mescolano con i temi politici. Del 10