La filosofia di un giornale - si sa - può essere confessionale o laica, cattolica o liberale, conservatrice o progressista, chiusa o aperta, integrata o apolitica, rigida o problematica, eccetera, eccetera. Si tratta di scegliere (secondo coscienza e calcolo e con sufficiente chiarezza) quella più conforme alla propria immagine editoriale e alla propria vocazione personale. Una volta fatta la scelta, poi, il problema è come imporla con successo a una fascia di pubblico più ampia possibile. E qui entriamo nel campo della “cucina” giornalistica, bassa o alta che sia. Anzitutto: per chi scrivere? A quale pubblico rivolgersi? Dalla scelta del pubblico dipende infatti anche quella dei temi da trattare e del modo in cui trattarli, a un pubblico che, per usare una sgualcita ma intramontabile definizione di marketing, chiameremo medio-basso, sarebbe inutile oltre che poco proficuo offrire un pensum di Enrico Filippini sugli effetti perversi del minimalismo filosofico o un reportage di Alberto Arbasino dagli scantinati del Musée d’Orsay; mentre è da presumere che avrebbe discreta accoglienza il riassunto in termini ultradivulgativi dell’ultimo manuale di bricolage, o un breve rapporto sulla cura della pertosse, e perfino un digest della biografia di Karen Blixen, quella del film La mia Africa. Formule tutte piuttosto corrive, reputate molto efficaci per agganciare il mitico “grande pubblico”. C’è però il fatto che il grande pubblico, a tutt’oggi, è piuttosto restio alla lettura. Si tratti di testi sul teatro o sulle arti figurative, sulla scienza o sulla letteratura, sulla politica internazionale o su quella interna, il grande pubblico non ci sta più di tanto. Conseguenza: se si ha intenzione di promuovere seriamente cultura attraverso i giornali, occorrerà puntare sul cosiddetto lettore medio-alto. Il quale lettore medio-alto è portato a vedere se stesso come una stratosferica upper-class, dai gusti fini e dall’intelligenza rara, e insomma è un cliente tutt’altro che facile da gestire, per almeno due ragioni principali. In primo luogo perché è molto goloso di novità culturali ma 12