di sviluppo qualitativo e quantitativo dei servizi pubblici piuttosto che sui problemi del finanziamento di tali servizi. Nel contesto descritto il limite della crescita della spesa pubblica era costituito, in accordo con il Rapporto Plowden, dalla quantità di risorse future disponibili, essendo stato assunto, al fine di evitare un . incremento del carico tributario, l'impegno di mantenere la quota della spesa pubblica sul PIL al livello raggiunto nel 1960. In realtà, la genericità delle politiche che dovevano essere tradotte nelle stime della spesa pubblica implicava l'esistenza di un notevole spazio per gli spending Departments che dovevano elaborare le stime preliminari destinate ad essere riviste nel corso della trattativa con il Treasury che avrebbe poi dato luogo al rapporto PESC. Il risultato fu che il rapporto PESC, secondo quanto riferisce Sir Richard Clarke, "provò oltre ogni ragionevole dubbio che, a meno che il governo (ed ogni altro governo futuro) non fosse preparato ad apportare cambiamenti di fondo alle sue politiche, sarebbe stato impossibile nel lungo periodo contenere la spesa pubblica entro il 42% del PIL" (6). Questo risultato era collegato anche alla particolare "regola di lavoro" adottata, secondo la quale la base della trattativa tra Treasury e spending Departments era costituita dalle stime effettuate da questi ultimi del costo delle politiche vigenti. In questo modo sul Treasury ricadeva il compito di trattare per ottenere una riduzione ri-Spetto a quelle stime. Secondo Clarke sarebbe stato invece più opportuno stabilire dei limiti "quantitativi" (espressi cioè a . prezzi 18