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DANIELA VIOLINI - ELISABETTA BERTO LA
    Stati Uniti2. Ma non si tratta di un semplice « cambio della guardia », giacché questa diversa spartizione delle zone d’influenza corrisponde a scelte differenti nei canali di penetrazione, nelle aree di intervento e infine nella ricerca di alleanze sociali utili3. Anche il mercato interno ne viene investito: il sommovimento dei circuiti economici internazionali finisce infatti per alterare non solo il volume, ma anche la natura degli scambi, delle importazioni in particolare che, spostandosi dai beni di consumo a quelli durevoli4, rendono disponibili quote relativamente ampie di domanda per la produzione fissata in loco. È questo l’impulso al processo di espansione industriale che prende l’avvio in quel periodo e che per i suoi caratteri viene definito come « sostitutivo delle importazioni »5.
         Dunque se anche non si può parlare di una cesura netta, è evidente che l’insieme di questi elementi presuppone una direttrice di sviluppo segnata da una dinamica più intensa di quanto non accadesse nel recente passato, e da alcuni dati di novità significativi. Il problema è ora quello di stabilire quale relazione esista tra questo quadro strutturale e il sistema di potere oligarchico.
         Altrove abbiamo descritto la tipologia della classe dominante cilena6: nel 1920 essa ancora si configura come un gruppo sociale fortemente coeso che, nonostante abbia subito successive integrazioni, continua a caratterizzarsi per una serie di valori, mentalità, comportamenti tutti estremamente uniformi e tutti ugualmente fondati su situazioni di prestigio. La scuola, i clubs, le relazioni matrimoniali e familiari sono i luoghi di tale organizza-
         2.      Sul rovesciamento dei rapporti di forza economici tra Gran Bretagna e Stati Uniti cfr. M. Carmagnani, L’America Latina dal ’500 a oggi. Nascita, espansione e crisi di un sistema feudale, Milano, 1975; J. C. Jobet, Ensayo critico del desarrollo económico-social de Chile, Santiago, 1955; F. M. Halsey, Investments in Latin America and thè British West Indies, Washington, 1918; J. F. Rippy, British investments in Latin America, 1822-1949, Handen, 1966.
         3.      Cfr. M. Carmagnani, Imperialismo inglese, in: Storia dell’America Latina, Firenze, 1979, pp. 110-120; e ancora dello stesso autore Imperialismo statunitense, ivi, pp. 121-137.
         4.      Cfr. M. Carmagnani, Sviluppo industriale e sottosviluppo economico: il caso cileno (1860-1920), Torino, 1971.
         5.      Su questo punto si veda A. Pinto Santa Cruz, Chile: un caso de desarrollo frustrado, Santiago, 1962. Dello stesso autore Tres ensayos sobre Chile y America Latina, Buenos Aires, 1970. Cfr. pure Secretaria de la C.E.P.A.L., El desarrollo social de America Latina en la postguerra, Buenos Aires, 1966.
         6.      Cfr. D. Violini-E. Bertola, L’oligarchia cilena nel 1920: i meccanismi di riproduzione, di coesione e di organizzazione, « Nova americana » (Torino), II, n. 2, 1979, pp. 109-134. Sullo stesso argomento cfr. A. Mattelart-C. Castillo-L. Castillo, La ideologia de la dominación en una sociedad dipendente, Buenos Aires, 1970; J. Carrion-A. Aguilar, La burguesía, la oligarquía y el estado, Mexico, 1972.