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PAOLA AMADEI
vertibili come l’obiettivo fondamentale in passato e a maggior ragione oggi coll’acuirsi del disavanzo valutario. Peraltro si faceva anche notare come questo vincolo sia mitigato: al guadagno ottenuto dalle esportazioni si somma anche il risparmio realizzato per l’eventuale sostituzione di importazioni; viene considerata esportazione anche la vendita del prodotto ad imprese nazionali che lo incorporino in prodotti più complessi destinati all’esportazione; in certi casi il surplus valutario dei soci fondatori viene in parte assegnato alla società mista, quale surplus proprio22.
    Solo un funzionario ministeriale considerava l’obiettivo «surplus valutario» equiparato a quello «progresso tecnologico» — in realtà l’osservazione dei casi concreti mi sembra dimostrare che se l’equilibrio import-export è stato sempre preso in considerazione e risolto anche con espedienti, quando l’interesse per la j.v. fosse tale da consigliarne comunque l’autorizzazione, il contenuto tecnologico dell’offerta del partner occidentale non è sempre soddisfacente. D’altra parte il comitato di autorizzazione ha le capacità professionali per valutare le potenzialità di esportazione ma non è in grado di entrare nel merito della questione tecnica e si deve quindi affidare alle valutazioni formulate dalle imprese proponenti.
    Per quanto riguarda il secondo obiettivo, l’acquisizione di tecnologia, esso pure è correlato alle caratteristiche intrinseche del sistema:
    a)     la separazione tra unità produttive e centri di ricerca, che costituisce la regola in Ungheria, non solo rende estremamente lenta l’applicazione delle innovazioni, ma anche ostacola un coordinamento tra esigenze dell’impresa ed attività scientifica;
    b)     sono quasi assenti sostegni finanziari ed incentivi atti a stimolare le imprese ad assumere il rischio dell’innovazione né, a differenza di quanto avviene in Occidente, esiste una pressione concorrenziale sufficiente a far da pungolo;
    c)     l’Ungheria partiva nel secondo dopoguerra, da un livello tecnologico molto arretrato.
    22.    A favore di un’applicazione flessibile del vincolo valutario si sono espressi anche studiosi del settore: «La consuetudine dei paesi socialisti di far pagare la tecnologia importata coll’esportazione dei prodotti manifatturati con essa [...] causa in molti casi danni economici e rende le importazioni di tecnologia inefficienti come nella maggioranza dei paesi arretrati. E probabile che, se i prodotti moderni [...] manifatturati in questo modo fossero venduti sui mercati locali, gli acquirenti potrebbero esportare di più e più economicamente che il venditore, oppure manodopera potrebbe essere trasferita (dai settori rinnovati) ad altri settori esportatori» (Z. Kra-sznai - M. Lari cit., p. 163).