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PAOLA ROTA
sindacato, il salario contrattuale ed un salario «alternativo», influenzato dai sussidi di disoccupazione (quale indicatore delle opportunità al di fuori della forza lavoro) e che può essere considerato come il salario che si determina nel mercato del lavoro competitivo. Il problema della negoziazione può essere considerato per ognuna di queste ipotesi all’interno di una struttura alla Nash.
    Quale, dei modelli così generati, comporta un livello di occupazione più elevato è argomento controverso che verrà trattato nel paragrafo 3.5.
    Negli anni più recenti a tutt’oggi sta acquistando sempre più rilevanza il punto di vista secondo cui il sindacato si preoccupa essenzialmente del salario ed, ovviamente, delle prospettive occupazionali dei suoi membri senza molta attenzione nei confronti dei disoccupati. Tale idea ha dato origine ad un filone di letteratura sulla determinazione del salario e dell’occupazione dal titolo insider-outsider 4, discussa nella sezione 4.
    Secondo questa teoria, il salario non è determinato con il solo riferimento al conflitto di interessi fra impresa e sindacato ma anche a quello fra insider (i lavoratori occupati ed appartenenti a coalizioni sindacali) ed outsider (i disoccupati). Nickell e Andrews (1983) considerano una funzione di utilità del sindacato all’interno della quale viene attribuito un peso diverso a lavoratori già occupati, ad entranti e a disoccupati (a questi ultimi due gruppi viene dato un peso identico e minore rispetto al primo) ma il contributo più significativo alla teoria insider-outsider, da parte di Lindbeck e Snower, risale all’anno successivo (1984).
    La teoria si basa sul maggiore potere contrattuale degli insider, già inseriti nel processo produttivo, addestrati e coalizzati, rispetto agli outsider ed agli entranti. La sostituzione di insider con outsider comporterebbe, infatti, costi per l’impresa. L’esistenza di tali costi genera una rendita che viene almeno in parte catturata dagli insider attraverso aumenti salariali.
    Nella misura in cui tali incrementi non superano questa rendita, gli imprenditori non avranno alcun incentivo ad assumere lavoratori outsider, i quali si trovano nell’impossibilità di esercitare pressione verso il basso sui salari. Nonostante questa teoria si presti molto bene alla spiegazione di fenomeni come la disoccupazione di lungo periodo
    4.    Gregory (1986) ha introdotto esplicitamente la distinzione fra insider e outsider nella sua analisi sulla disoccupazione in Australia.