DIAGNOSI MEDICHE SULLA SOCIETÀ DI MOREL E LOMBROSO 401 frirebbero di follia, malattia della civiltà. Il soggetto è davvero importante, e Morel pensa sia opportuno lavorare su questa equazione: «il est temps de voir, Messieurs, ce qu’il y a de vrai au fond de ces arguments»31. Entrambi ne approfittano così per fare un piccolo cenno storico sulla condizione dei pazzi dall’antichità ad oggi. Morel risale ai tempi passati per affermare che la pazzia è stata presente in tutti i tempi. Vari esempi storici confermano che essa è esistita. Lombroso procede in modo analogo. Il suo primo articolo è dedicato ad esempi del passato. Egli fa riferimento a numerose opere di viaggiatori, geografi, antropologi per dimostrare ai suoi lettori la presenza, in tutte le parti del mondo conosciuto e in tutti i tempi, della follia. Esordisce facendo l’esempio dell’India alla quale aveva già dedicato in precedenza un articolo in cui si sosteneva la presenza di questa patologia: «Una prova più solenne e completa, scriveva Lombroso, della diffusione della pazzia ci viene offerta dalle opere stesse dell’antichissima medicina indiana, dai Veda fino a Susruta»32. Prosegue portando il lettore in Egitto, in Turchia, nel mondo cinese e indonesiano, per finire con l’America, dopo avere menzionato l’Oceania. Ogni volta cita persone che hanno testimoniato della presenza della follia. Fa tuttavia anche riferimento a persone con cui è in disaccordo: per esempio Humboldt, l’antropologo-geografo tedesco che ebbe grande influenza in Europa. Lombroso sostiene che «la sua autorità ha trascinato a negare la pazzia nei selvaggi, e a farne capo per le strane teorie su l’influenza della civiltà»33. Di certo, non è riuscito a convincere il giovane Lombroso. Mentre il futuro professore di Torino non spiega le ragioni della sua mancata adesione a talune tesi, Morel è in proposito più loquace sulle sue ragioni. La filosofia del suo commento ha radici nelle sue opinioni sul cristianesimo. Secondo lui, l’idea del peccato originale non può essere messa in dubbio: non è perciò possibile concepire un momento nella storia dell’uomo, che sfugga a questo principio. La sua conclusione non può che essere questa: «cet âge d’or, je le crains bien, n’a complètement existé que dans l’imagination des poètes [...] Dès l’origine des choses, le bien s’est trouvé en présence du mal»34. 31. Ibidem. 32. C. Lombroso, Della pazzia in India, «AP», novembre 1856, p. 49. 33. «AP», febbraio 1857, p. 67. 34. B.A. Morel, Y-a-t-il plus d’aliénés cit., p. 17. > 1