268 SERGIO DELLAVALLE stringe il soggetto a riprodurre nell’ambito spirituale, anche se in una forma più compiuta, gli stessi contenuti che impregnano l’esistente. A partire da questi presupposti, è comprensibile che Hegel, di fronte al rinascere del liberalismo individualista con le rivoluzioni del 1820/21, abbia cercato di supportare la sua vacillante proposta politica chiamando a sostegno dell’eticità quei momenti cultural-religiosi che comunque già le corrispondevano. Una volta constatata l’insufficienza di tutti i modelli hegeliani di soluzione del problema della modernità, è ora giunto il momento di chiedersi quale sia stata la ragione che costrinse il filosofo al fallimento, nonostante la ricchezza delle sue molte e fondamentali intuizioni. Tali ragioni sono a mio giudizio riconducibili essenzialmente a due fattori: a) il primo, messo già in rilievo dai teorici dell’intersoggettività, riguarda l’irrisolto rapporto di Hegel con la filosofia moderna del soggetto. Da un lato — come s’è visto — egli ne coglie i limiti, dall’altro ricade tuttavia a sua volta all’interno delle categorie che le sono proprie. Particolarmente carente risulta, a questo proposito, il tentativo hegeliano di superare il particolarismo individualista della modernità attraverso la mera ipostatizzazione di una soggettività assoluta. In altri termini, Hegel non sembra disporre di uno strumentario concettuale in grado di permettergli di criticare l’individualismo moderno, senza per questo rinunciare alle sue conquiste. b) Il secondo fattore fa riferimento all’interpretazione hegeliana del rapporto tra pensiero e realtà. Come s’è visto nel paragrafo precedente, alcuni dei problemi più gravi emersi nell’ultima fase di sviluppo delle concezioni storico-politiche di Hegel possono essere spiegati proprio a partire dall’abbandono della tensione fra questi due momenti. D’altronde — come riconoce Hegel stesso — uno dei grandi meriti della cultura moderna è consistito senza dubbio nella liberazione del pensiero dalle catene del mero rispecchiamento dell’esistente: facendo scaturire ogni conoscenza dall’«io penso» cartesiano, essa ha infatti permesso il costituirsi di una dimensione critico-analitica al livello della sfera spirituale. Anche riconoscendo la validità della critica di Hegel al soggettivismo implicito in tale impostazione, va tuttavia ammesso che la via da lui imboccata non appare in generale più convincente di quella rifiutata: cercando di colmare integralmente il fossato che separa lo spirituale dal reale, egli rischia infatti di sacrificare una delle più grandi conquiste della modernità, ovvero la funzione di analisi critica dell’esistente ad opera del pensiero. Se ora, alla luce dell’individuazione di tali limiti, si vuole cercare