del genere: segno che qualche critica di De Rita ha colto il bersaglio, ma segno anche che si fa chiara la sostanza politica dello scontro, che fino ad allora era rimasta in ombra15. In proposito merita di essere ricordato il lucido articolo di Giorgio Panizzi che non solo coglie tale sostanza, ma si sforza altresì di ricondurla all’interno della difficile esperienza delle «attività sociali ed educative per il Mezzogiorno» nel momento del loro passaggio alla prospettiva dei Centri comunitari (poi Centri di Servizi Culturali). In tema di sviluppo, argomenta Panizzi, le novità ci sono e sono numerose: guai se il community development dovesse «continuare a predicare la cooperazione per costruire il ponticello»16. Il servizio sociale, quale che sia la sua origine geopolitica, è stato introdotto in Italia con una carica democratica ed una aspirazione libertaria che non debbono andare perdute, e pertanto vanno continua-mente ricondotte alla concreta situazione sociale ed alle sue modificazioni. Di qui discende una triplice esigenza: 1) stretto collegamento delle attività di servizio sociale con le strutture stesse della democrazia, cioè con le autonomie locali; 2) una nuova definizione del concetto di partecipazione vista non più come concorso popolare per la soluzione del problema locale (il ponticello), ma come comprensione - e quindi gestione e controllo democratico - dei più complessi livelli cui si situano i processi socio-economici; 3) continuare a pensare «la dimensione territoriale e le istanze conseguenti», cioè la comunità, come il luogo ove è garantita la socializzazione, la formazione democratica e civile dei cittadini. Si tratta di una proposta culturale e, insieme, politica che non cerca di ammantarsi la veste incolore della «letteratura internazionale», ma si dichiara esplicitamente per quella che è, così come esplicitamente dichiara le proprie ascendenze: Adriano Olivetti e Giorgio Ceriani Sebregondi. Naturalmente anche altre esperienze ed influenze animano le pagine di Panizzi, ma è pur significativo che tutta la parte del suo discorso relativa all’importanza del momento istituzionale inteso come sistema delle autonomie locali, prenda le mosse dalla constatazione che i teorici moderni di diritto pubblico vanno riconoscendo nei fatti, seppure con fatica, quelle idee che Adriano Olivetti aveva espresso fin dal 1945 ne «L’Ordine politico delle comunità» e con cui si tentava di garantire la libertà con forme istituzionali-17. 91