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BEATRICE ZUCCA MICHELETTO
tessile - da cui sono tratti i due esempi che seguono - e che stando ai dati aggregati sembravano dominati da una certa stabilità ed endogamia di coppia.
Nel 1756, Carlina Olivetta Polissena, moglie di Pietro Carlo Mignon si rivolge al re per ottenere l'iscrizione all'università dei bindellai (nastrai) senza aver fatto né apprendistato né esami. Il brusco arretramento della professione del marito (prima mercante pellicciaio - presumibilmente con fondo - e poi ridotto al rango di lavorante, cioè sotto padrone) e i sette figli piccoli, spiega la donna, l'hanno spinta «a lavorare frangie e ceniglie per uso solo di guernire le vesti e bonetti a fanciulli; e siasi abilitata nell'o-perar tali cose, ed aver veduto che coll'esito di detti lavori potrebbe molto contribuire al sostentamento di sé e sua numerosa famiglia». Nonostante che «solo da due anni a questa parte siasi applicata a tal lavoro, in quei pochi momenti che li dava scampo la sua famiglia» questa attività le permette di mantenere i famigliari, possedere gli strumenti del mestiere in casa e addirittura acquisire la perizia necessaria per chiedere l'iscrizione alla corporazione, naturalmente senza sostenere alcuna spesa.68 Ci troviamo dunque di fronte a un lavoro svolto da poco tempo - due anni - sui telai che la donna ha in casa, in un momento specifico della vita della famiglia, di forte squilibrio tra consumatori e risorse, di reale rischio di mobilità discendente.
Un percorso simile si intravede anche nelle parole di Gio' Francesco e Maddalena Audoli, nativi di Mondovì e residenti a Torino, i quali «non avendo con che provvedere al sostentamento della numerosa famiglia, di cui erano carichi, abbiano [...] liberamente esatta la dote di detta signora Maddalena [...] e che essendo questa perita nell'arte di bindellajo, anzi passata padrona [...] abbia convertite parti delle doti nella manutenzione della famiglia, e parte nell'accompra degli ordegni, che si richiedono per la fabbrica de' bindelli, ed in tal modo colle di lei opere, e denaro dotale non solo supplito al mantenimento della di lei figliolanza, e marito, ma ancora fatto un piccol fondo a detto negozio, e comprati alcuni mobili necessari per uso di casa». Nel 1769, poi, la figlia Felicita, che ha appreso l'arte e sempre collaborato all'attività, si sposa e con il marito sarebbe intenzionata a separarsi professionalmente dai genitori, poiché costui può fornirle un investimento di 2200 lire. Ma la madre non è più in grado di badare all'attività da sola, il padre è indisposto e il fondo di negozio ha subito gravi perdite per sostenere spese di malattia di tre figlie morte. Si stabilisce allora davanti al notaio ima società: i coniugi Audoli rimettono alla figlia e al genero mobili e strumenti del negozio in usufrutto in cambio del loro man-
68 AST, Sez. Riun., Consolato di Commercio, Bindellaj, voi. 37, ff. lr-3v.