FATTO, FATTIBILE E IMMAGINARIO
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risultava difficile distinguere tra credito in senso stretto e partecipazione azionaria; in secondo luogo, poiché titoli di credito di varia natura (collettivamente definiti come 'paper money') circolavano come mezzi di pagamento, molti autori cominciavano a pensare che la differenza tra la 'paper money' e la moneta in senso proprio fosse una questione formale, senza peraltro riuscire a definire a quali condizioni lo stato avrebbe potuto semplicemente stampare moneta.
La crisi, che era una crisi speculativa e non l'effetto di un debito pubblico che deprimesse il mercato dei capitali, si presentò di fatto agli occhi degli osservatori contemporanei come un'accelerazione impressionante dei problemi che sembravano derivare da quest'ultimo. Ma che cosa vedevano, potevano vedere, gli osservatori contemporanei? Coloro che avevano volontariamente scambiato i loro solidi titoli del debito pubblico, che garantivano un interesse più alto del tasso corrente in quel momento, con le azioni della compagnia, il cui valore era crollato rispetto ai rapporti di conversione nelle quattro successive emissioni, avevano perso intere fortune. Quindi la prima questione sui fatti in quel momento era chi avesse fatto che cosa, e di conseguenza chi dovesse pagare.
In quanto il 'fatto' appariva qui come atto, azione, la cultura legale della questione di fatto nella procedura del diritto penale è il contesto adatto per capire la frustrazione di coloro che volevano identificare l'attore responsabile. A differenza del 'fatto' - singolo, semplice, ben individuato -che era l'oggetto della conoscenza comune nel processo penale, nella apparentemente disastrosa gestione del debito pubblico con la conversione in questione il fatto criminoso si presentava come il risultato di un'intersezione complessa di azioni di attori diversi, i quali solo in parte avevano agito di concerto (trattative preliminari tra il governo e le grandi compagnie, leggi del parlamento, gestione dell'emissione e del collocamento di azioni da parte della South Sea Company, comportamenti dei titolari del debito pubblico e degli operatori sul mercato, inglesi e stranieri).26
capp. 4 e 5, in particolare pp. 75-79. Neal interpreta la bolla speculativa in Inghilterra come una 'bolla razionale' nei primi mesi, dalla fine di febbraio alla metà del giugno 1720, e come una 'bolla irrazionale' dopo di allora (è considerato una bolla razionale un continuo e sostenuto aumento del prezzo di un titolo dovuto al fatto che gli operatori sul mercato prevedono che il titolo continuerà a salire, si comportano di conseguenza, e quindi realizzano la previsione).
26 Sul 'fatto' nella cultura legale inglese cfr. Shapiro, Culture offact cit., cap. I. Dal punto di vista del governo la gestione della questione non appare affatto disastrosa, né nel breve né nel medio periodo. La ripresa economica fu piuttosto rapida, a partire dal 1722, e l'espansione complessivamente durò piuttosto a lungo, se comparata con gli altri cicli del periodo (cfr. T.S. Ash-ton, Economie fluctuations in England, 1700-1800, Oxford, 1959, pp. 143-144, e tab. pp. 172-173). Inoltre il governo era riuscito a convertire il debito non rimborsabile in debito rimborsabile, negoziando anche un tasso di interesse più basso.