INTRODUZIONE sca più con il passato che con il futuro. La grande rottura epistemologica non era il Settecento, ma la Rivoluzione industriale. Il sogno della ragione si connetteva piuttosto alla razionalizzazione e secolarizzazione delle speranze agostiniane. Ben più solida, anche se meno brillante e ricca di paradossi, appare la ricostruzione della cultura moderna compiuta da Preserved Smith fra il 1932 e il 1934, che è il primo ad riprendere nel titolo di un’opera almeno per il mondo anglosassone il termine Enlightenment che era stato utilizzato a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per tradurre Aufklärung. Smith vede l’Illuminismo come l’erede attivo di due componenti fondamentali del mondo moderno, il Rinascimento e la Riforma protestante e ne ricostruisce l’identità utilizzando soprattutto i modelli scientifici, in particolare il new-tonianesimo. Se ci si sposta in Francia, la scuola di Lanson aveva prodotto un importante lavoro sulle origini intellettuali della Rivoluzione francese. Mi riferisco al testo di Daniel Mornet del 1933, che, partendo da un’ormai lontana esperienza di ricerca sulle biblioteche di provincia, ricostruiva non tanto la storia intellettuale più creativa, quanto i milieux provinciali, gli spazi che avrebbero reso possibile l’esplosione del fenomeno rivoluzionario. Ma il libro più innovativo in questa direzione sarebbe stato due anni dopo quello di Paul Hazard, La crise de la conscience européenne, del 1935. L’itinerario era stato complesso, come rivela la distanza di quest’opera dal primo grande lavoro, più fortemente marcato dal modello lansonia-no, che era stato La Revolution française et les lettres italiennes, recentemente tradotto in italiano. Hazard fin dall’inizio aveva però fatto una scelta comparatista, distanziandosi in questo da Lanson e cercando relazioni con Baldensperger. A differenza di Lanson, aveva collaborato con la «Revue des deux mondes» su posizioni conservatrici non esitando a ritrovare «l’Italie vivante» non solo in Luigi Sturzo, ma anche in Benito Mussolini. I rapporti di Hazard con il Fascismo sarebbero stati buoni fino al 1938. Con Baldensperger avrebbe creato una rivista, la «Revue de littérature comparée», in qualche misura alternativa a quella del Lanson, la gloriosa ed affermata «Revue d’histoire littéraire de la France», ormai solidamente attestata su temi di sociologia letteraria nazionale. Nel 1934 aveva letto la cultura italiana del XVIII secolo sotto il segno dell’influenza francese, provocando qualche anno dopo una prima acuta risposta polemica da parte di un giovane fuoruscito italiano, Franco Venturi, che sulle pagine di «Giustizia e libertà» aveva avuto buon gioco a mostrare come la tesi dell’influenza era infecondamente parallela a quella dei nazionalisti italiani, che sostenevano la totale autonomia del Settecento italiano — IX —