VENTURI E IL PROBLEMA DEGLI INTELLETTUALI 21 gli storici italiani e francesi in materia di influenza e originalità nel Risorgimento italiano 15, che studiano «il ruolo dirigente di un’élite culturale» per metterne in luce però «gli aspetti meno moderni e rivoluzionari»: «essi trasformano un movimento originale in un movimento passivo di imitazione straniera o di conservazione nazionale». Ma «il Risorgimento conserverà dentro, in molti suoi aspetti, il marchio di questa origine al contempo intellettuale e rivoluzionaria». E lo scritto del giugno ’39 ( Valore delle nazioni nella lotta contro gli imperi) vorrà riprendere, sebbene in un contesto tanto diverso e persino ostile, il tema della «questione nazionale» qual era stato elaborato da Stalin, e che gli era giovato nel ’34 per cogliere la positività dei nazionalismi locali. 3. «Quel distacco dalla religione che è il fatto centrale della psicologia illuministica» (Diderot, 1988, pp. 129-130), Il Venturi che conosceremo trentanni dopo, il Venturi celebrato degli Illuministi italiani e del Settecento riformatore, è nondimeno più che nel Diderot nel profilo di Buonarroti dell’agosto 1937 - che anticipa i profili degli anni ’70 e ’80. Peraltro in questi mesi egli lavora su Buonarroti e sulle «origini del pensiero socialista 16. Il Diderot appartiene invece tutto a questo periodo «religioso» di Venturi, misurato su un singolare apprezzamento del «quietismo» in Diderot, De-schamps, e persino Radicati e Vasco. La religiosità di Diderotl7: «Se da una parte infatti, nella prima metà del XVIII secolo, si procede rapidamente, attraverso quella corrente che genericamente va sotto il nome di deismo, a spogliare il vecchio Dio di tutti gli attributi leggendari, mitici, personali umani, per farne un grande principio logico o logicistico, un’altra corrente, meno nota generalmente, ma non meno interessante, tende a fare del Dio biblico un essere “sensibile”, vivente la vita delle passioni e del senso in mezzo agli uomini. È in un certo senso una doppia morte del vecchio Dio, che da una parte saliva sempre più in alto nei cieli per finire col diventare unicamente un grande testimonio delle azioni degli uomini (ed è questa la religiosità di Voltaire per esempio), dall’altra scendeva nella natura per finire col mescolarsi completamente in essa». «Diderot sperimentò dunque personalmen- 15 Ivi, pp. 80-90. 16 Vedi le lettere a Croce dell’ottobre-novembre 1937 (in «Studi settecenteschi», XV, 1995, pp. 39-40). Ma su «GL settimanale» del 27 maggio 1938 si legge anche un intervento sulla religione del ’700 (su cui Ricuperati, Categoria e identità, cit., pp. 619-620), e quello neo-vitalistico su Campanella (giugno 1939, in SP, pp. 147-151). 17 Venturi, Giovinezza di Diderot, cit., p. 35.