LA LOTTA PER L’UNITÀ EUROPEA Popolo Europeo (CPE), cioè l’organizzazione (che si ispirava all’esempio del Congresso Nazionale Indiano di Gandhi) di una specie di elezioni primarie in varie città d’Europa per dare vita a un congresso permanente di rappresentanti del popolo europeo, il quale attraverso il coinvolgimento progressivo di milioni di persone giungesse a ottenere la legittimità democratica e il peso politico necessari per poter forzare i governi alla convocazione della Costituente europea.35 Questa proposta era accompagnata dalla convinzione che, se nel breve periodo non c’erano prospettive di successo, alla lunga l’impossibilità di risolvere i problemi di fondo nel quadro della cooperazione fra stati sovrani avrebbe prodotto situazioni di crisi acuta che avrebbero reso superabili le resistenze nazionalistiche. Per avere dei criteri di valutazione circa il ruolo del MFE nel periodo della genesi dei Trattati di Roma, possono essere utili a questo punto alcuni brevi ragguagli e considerazioni sugli sviluppi successivi del processo di integrazione e sull’azione federalista. La sfiducia espressa dal MFE circa la possibilità di realizzare importanti e duraturi progressi nell’unificazione economica europea sulla base delle istituzioni comunitarie si è rivelata in parte piuttosto schematica. In effetti è stata contraddetta da alcuni importanti successi nel campo della cosiddetta integrazione economica negativa (cioè intesa come eliminazione degli ostacoli al libero movimento di merci, lavoro, capitali e servizi) negli anni ’60, che hanno avuto un’influenza determinante sulla grande crescita economica dell’Europa comunitaria (che divenne allora la massima potenza commerciale e la seconda potenza industriale del mondo, colmando praticamente il divario in termini di benessere economico rispetto agli USA) e hanno portato ai successivi allargamenti.36 Ha però trovato conferma la tesi secondo cui l’a- 35 Cfr. A. Spinelli, II manifesto dei federalisti europei, Bologna, Guancia, 1957, e C. Rognoni Vercelli, Il Congresso del Popolo Europeo, in I movimenti per l’unità europea. 1954-1969 cit. 36 Sulla critica del MFE ai Trattati di Roma e sull’evoluzione del suo giudizio rispetto all’integrazione da essi prodotta cfr. M. Albertini, L’integrazione europea e altri saggi, Pavia, edizioni de «Il Federalista», 1965. Qui la visione troppo schematica sulla priorità dell’unificazione politica rispetto a quella economica venne corretta mettendo in luce (questo discorso era già stato sviluppato nel 1960) che i progressi ottenuti dall’integrazione economica, nonostante il rinvio sine die della creazione di una autorità politica europea di carattere democratico e federale, erano stati resi possibili dall’esistenza di una spinta integrativa fondata sull’«eclissi di fatto delle sovranità nazionali» e sull’«unità di fatto delle ragioni di stato». Con ciò si intendeva in sostanza la debolezza endemica degli stati nazionali europei, che li costringeva a cooperare per sopravvivere, e la forte convergenza delle loro politiche estere, difensive ed economiche assicurata dall’egemonia americana nel quadro del bipolarismo. E si precisava d’altra parte che questa base politica di fatto dell’integrazione economica europea era strutturalmente precaria anche perché il rafforza- — 39 —