DIARIO. OTTOBRE 1958
           mantengono bassi. Krusciov intende mantenersi su questa strada e percorrerla fino in fondo e cioè fino a portare l’URSS in un quindicennio al livello di prosperità del più ricco paese del mondo. Indubbiamente è una meta che esalta le fantasie e che incontra l’approvazione di tutti. Né è detto che non vi possa arrivare, anche se invece di quindici anni, ne occorreranno trenta. In cifre assolute la produzione sovietica ha superato in alcuni settori i livelli di produzione americana.
               Non minore risonanza è destinato ad avere il secondo punto del programma e cioè il passaggio dal socialismo al comunismo che implica l’applicazione integrale della formula «a ciascuno secondo i suoi bisogni» indipendentemente cioè dalla sua produttività. La meta che si vuol raggiungere è di assicurare a tutta la popolazione il vitto, l’alloggio e il vestiario gratuitamente, allo stesso modo che oggi le viene assicurata l’assistenza medica, l’istruzione e il mantenimento nel periodo della vecchiaia.
               Krusciov vuole insomma passare alla storia come il realizzatore del comunismo e l’uomo della prosperità. Su queste sue mete il consenso è generale. Dove cominciano i dubbi e le critiche è sulla personalità di Krusciov. Troppa gente gliene vuole di aver eliminato lui, uomo nuovo, personaggi che godevano di larga e indiscussa fama nel mondo sovietico: Molotov, Malenkov, Zukov. Sopratutto discusso è il suo continuo ondeggiamento: dall’antistalinismo ai metodi staliniani, dal revisionismo all’antirevisioni-smo, dalla riabilitazione di Tito alla sua scomunica, dalla distensione alla ripresa della guerra fredda. La sua irruenza, la sua emotività mal controllata creano vive perplessità. Questi stati d’animo di riserva nei riguardi dell’uomo sono soprattutto diffusi nei quadri medi dell’apparato, in molti dirigenti di fabbriche e, a quanto mi è stato riferito da persone a contatto con gli elementi più colti e meglio informati, in molti membri del Comitato Centrale. In questi quadri medi si decanta e acquista più chiara consapevolezza il senso di malcontento, d’insoddisfazione, di critica che sale dal basso, che si accentua nei ranghi studenteschi, negli ambienti tecnici e soprattutto in gran parte della burocrazia sulla quale pende la costante minaccia del decentramento in sedi lontane o magari sperdute nell’immensità della Siberia.
               Insomma l’elemento più inquieto è l’elemento più agiato, più istruito, quello che può senz’altro definirsi la nuova borghesia, che dà gli studenti universitari, che si è elevato dal lavoro manuale e della fabbrica e che è minacciato di esser nuovamente precipitato, per effetto della riforma scolastica di Krusciov, al livello operaio per lavorare nelle officine e nei campi rimanendo escluso da quella istruzione superiore che sola consente di consolidare la situazione superiore acquisita. Quanto sia larga questa sfera sociale che manifesta il suo malcontento e quale eco trova nella massa è
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