carlo rosselli e gli economisti della scuola di torino ne collettiva. Prato non è soltanto colui che ha più argomentato questa posizione, ma nei momenti più aspri del conflitto sociale - come nel '20, nella fase acuta dell'occupazione delle fabbriche - s'è dato da fare a Torino per costituire nuove leghe operaie, alternative a quelle socialiste, così da incrinare il monopolio socialista della forza-lavoro. La possibilità di sovvertire l'ordine di mercato, agendo soltanto con gli strumenti della negoziazione, è di fatto impossibile secondo Rosselli, che sostiene: Un movimento sindacale, che si svolga nel puro ambito economico, ha, da solo, una influenza relativa. Può smussare degli angoli, raccogliere briciole più o meno vistose, intaccare leggermente il profitto, ma finisce per essere sempre una variabile in funzione delle condizioni generali del mercato della moderna impresa capitalistica, della quale è oggi una semplice appendice, sia pure antagonistica. Bisogna convincersi che [...] agisce come correttore; difficilmente è capace di iniziativa; il suo compito, certo importantissimo, è rivolto soprattutto ad adeguare continuamente le condizioni di impiego alle condizioni del mercato, vincendo la comprensibilissima inerzia dei prezzi del lavoro o frenando le troppo spinte reazioni; il suo scopo è piuttosto di combattere effetti che reputa deleteri, che agire sulle cause che in buona parte sfuggono al suo controllo. L'unionismo è riuscito a far compiere alle classi lavoratrici un gigantesco balzo in avanti avvantaggiandosi dei larghi margini di profitto di cui disponevano le classi capitalistiche, in virtù anche dei rapidi incrementi di ricchezza; ora esso sta alle calcagne, diciamo così, di un obiettivo che si sposta in virtù dei progressi continui della nostra società e che consiste nella sua quota relativa del dividendo nazionale.72 Il lettore si accorge a questo punto di essere arrivato al passaggio cruciale a cui Rosselli lo ha voluto condurre. In una lettera a Einaudi del 28 febbraio 1925,73 scrive che lo scopo del suo terzo articolo (in realtà è il quarto sul tema, se si include nella serie anche la risposta alle critiche mossegli da Prato) consiste nello «stabilire quali siano in concreto, oggi, le possibilità d'azione riformatrice del regime di distribuzione, del sindacato operaio».74 Quello è il nodo del ragionamento che davvero gli preme svolgere. E si tratta di un elemento che la controversia con Prato non ha neppure sfiorato: essa, come Rosselli scriverà al professore torinese in una lettera del 15 gennaio 1926, li ha visti su posizioni non poi così lontane. Ciò che più conta è che l'oggetto del contendere si è nel frattempo dissolto, con la trasformazione del fascismo in regime e la soppressione delle libertà sindacali. 72 Id., Monopolio e unità sindacale cit., poi in Id., Socialismo liberale cit., p. 243. 73 TFE, LE, busta Rosselli Carlo. 74 TFE, GP, busta Rosselli Carlo. 19 — 281 —