piero sraffa e gli economisti torinesi fa in proposito.138 Ma è anche importante notare che un'indicazione forse più precisa può venire da una copia del suo articolo del 1925 in cui Sraffa corresse alcuni errori tipografici e annotò alcune modifiche, indicando sulla prima pagina che quella era una copia corretta.139 Una di queste modifiche è inserita a pagina 311, ove si afferma che Edgeworth in un articolo del 1913 aveva fornito la «dimostrazione analitica [di come] la curva dei costi marginali intersecherà in ogni caso la curva dei costi medi nel punto di massima economia». Qui Sraffa aggiunge che tale dimostrazione «è stata data anche da Jannaccone».140 La presenza di tale correzione, certamente riferita all'articolo di Jannaccone del 1914, richiamato nello stesso contesto anche in un appunto non datato ma presumibilmente dei primi anni Venti, e comunque degli anni compresi fra il 1923 e il 1927,141 rafforza l'ipotesi che Sraffa non vedesse nel lavoro di Jannaccone un'anticipazione delle sue analisi della teoria marshallia-na dell'impresa. Del resto, a nostro avviso, la differenza fondamentale fra le posizioni espresse da Sraffa e da Jannaccone può essere vista nel fatto che quest'ultimo non sviluppa la sua analisi nel senso di mostrare come «il punto di vista da cui si mette l'osservatore»142 stia alla base delle difficoltà della classificazione delle industrie secondo l'andamento dei loro costi e come questo fatto rappresenti un elemento di debolezza per la solidità teorica della costruzione marshalliana. La mancanza di accenni da parte di Sraffa agli interventi di Jannaccone del 1914 potrebbe essere un segnale della percezione di questa nate industrie o categorie di beni economici, ma è un momento, un modo di essere, nella vita di ciascuna impresa, qualunque sia il bene prodotto?» (P. Jannaccone, Prezzi e mercati cit., p. 24). Più di dieci anni dopo Einaudi sarebbe tornato sull'argomento con queste parole: «Nella letteratura economica anglosassone gran rumore fanno ogni tanto talune scoperte; come quella del vuoto che si annida nella tradizionale distinzione delle produzioni a costi costanti, decrescenti e crescenti; ma anni prima di quando il Clapham ed un altro italiano divenuto per lunga dimora e per affinità spirituale, cam-bridgiano, ma già nella dissertazione torinese di laurea spontaneamente sobrio nello scrivere acuto, Piero Sraffa, stupissero gli economisti per l'audacia usata nell'infrangere il vuoto idolo, Jannaccone aveva posto il problema ed aveva discretamente vuotato il barattolo poi trovato vuoto» (L. Einaudi, La scienza economica. Reminiscenze cit., p. 308). Ma luce di queste affermazioni suonano curiose le frasi usate da Einaudi nella lettera a Sraffa del 25 gennaio 1930 citata più sopra. E difficile decidere se in quella lettera si debba riconoscere un primo rimprovero per aver detto in modo complicato cose che già altri - Jannaccone - aveva detto in modo più semplice, o piuttosto l'incompleta comprensione del contenuto del lavoro di Sraffa. 138 Riferimenti a questa problematica non sono presenti neppure nella corrispondenza fra Sraffa e Einaudi che abbiamo potuto consultare conservata a Torino (TFE, LE) e a Cambridge (Sraffa Papers). 139 Cfr. SP 7575. ho Cfr. SP 7575. hi Cfr. SP D1/27/2. 142 P. Sraffa, Sulle relazioni tra costo e quantità prodotta cit., p. 278. — 259 —