giuseppe berta - roberto marchionatti
abbastanza stabile da quattro anni,89 che la maggior parte dei contratti in corso era stata conclusa dopo il periodo dell'inflazione, e porta a sostegno della sua tesi le considerazioni di Riccardo Bachi nella relazione sulla situazione monetaria italiana inserita nel rapporto della Commission on gold and Silver inqui-ry dell'anno prima. Ciò significa, per riprendere ancora la posizione di Fisher espressa su uno dei fascicoli del «Manchester Guardian» del 1922 dedicato alla ricostruzione in Europa che «in questi anni di relativa stabilità monetaria e di espansione economica, si è venuto formando tutto un nuovo equilibrio»,90 per cui la politica di rivalutazione «che per gli intenti ai quali si ispira sembra rispondere [...] ai dettami della pura giustizia, finirebbe per tradursi oggi, nel fatto, in una solenne ingiustizia».91 Rosselli insiste sull'oggi, perché ritiene, ribadendo le posizioni dei suoi maestri, che si sarebbe potuto condurre nell'immediato dopoguerra una politica di deflazione severa, che però ex post presentava ormai ben scarse probabilità di riuscita. Rosselli passa poi ad esaminare se «la rivalutazione sia possibile o conveniente dal lato tecnico economico».92 Per rivalutare, scrive, è necessaria una politica economica adeguata: «restringere il credito che il mercato consente allo stato, agli Istituti di emissione, al Consorzio per anticipazione su valori industriali, attuare una severa e previdente politica delle finanze e del tesoro. Cioè operare una deflazione nel senso più integrale della parola».93 E comunque: «Si dovrà pur sempre venire al graduale ritiro dalla circolazione di un ingente porzione di carta moneta, sia con l'emissione di prestiti a lunga scadenza, sia con l'impiego di avanzi di bilancio».94 Quali i danni attuali di una deflazione «anche lenta»? Rosselli li elenca:
1. I prezzi ribasseranno e porteranno a una crisi della produzione; 2. le entrate pubbliche scemeranno; 3. i debiti pubblici e privati diventeranno più onerosi; 4. diminuirà l'esportazione e aumenterà l'importazione; 5. i salari saranno minori e si avrà disoccupazione; 6. si produrrà una nuova ridistribuzione della ricchezza, che aggiun-
89	In realtà il cambio della lira resta abbastanza instabile, ma non si verificano più quei sommovimenti violenti che si erano verificati nel dopoguerra fino al 1921. Come risulta da recenti ricostruzioni «la tendenza, fino all'agosto del 1926, resta quella di un progressivo indebolimento del valore esterno della lira, con brevi periodi di stabilità interrotti da fasi di rapida svalutazione» (F. Cotula -L. Spaventa, Introduzione, a La politica monetaria tra le due guerre, 1919-1935, Bari, Faterza, 1993, p. 94 («Collana Storica della Banca d'Italia»).
90	C. Rosselli, Rivalutazione e stabilizzazione della lira cit., p. 159.
91	Ivi, pp. 159-160.
92	Ivi, p. 160.
93	Ibid.
94	Ibid.
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