I. EINAUDI GIOVANE: IDEE SOCIALI ED IDEALI LIBERALI comparsi nel precedente biennio sulla «Stampa»,70 in cui egli propugnava la tassazione del reddito per togliere di mezzo dazi protezionistici, semplificare il sistema tributario e dare elasticità al bilancio. Ma in parte maggiore faceva riferimento ai concetti teorici che aveva elaborato nel proemio del suo libro sulla tassazione edilizia, in cui aveva sostenuto che, non potendosi rinvenire nei sistemi concreti ima coerente applicazione del principio del sacrificio eguale o proporzionale, sarebbe stato meglio optare per il criterio di Edgeworth del minimo sacrificio, in cui accanto alla minimizzazione dei sacrifici di utilità che comporta ridurre il carico su chi ha più bisogni, campeggia la minimizzazione degli ostacoli all’incremento della produzione.71 Insomma, a parte l’esonero per i meno favoriti c’è, per il resto, una distribuzione dei carichi fiscali orientata all’economicità dell’imposta in relazione allo sviluppo economico: è in nuce il pensiero di Einaudi sull’ottima imposta come imposta a favore dell’economia di mercato. Sezione II. La «Riforma sociale» di Einaudi 1. Il pensiero del giovanissimo Einaudi, in relazione alle questioni dell’organizzazione economica e sociale, in quel frattempo, aveva subito una considerevole maturazione. Già nel 1899, recensendo nel periodico torinese «Germinai» il Labour Annual72 di quell’anno, egli chiariva che, del socialismo riformista, gli piaceva che «gli uomini non diventano fanatici di un’unica idea che ne assorbe tutta l’attività e la sterilizza per ogni altro scopo che non sia la palingenesi radicale della società». Al settarismo del socialismo continentale (che egli ebbe poco dopo a sperimentare nella vicenda della cattedra ginevrina di cui abbiamo appena visto) si contrapponeva il costruttivo pragmatismo di quello inglese. Nello stesso filone intellettuale rientra un’altra recensione che egli, nello stesso anno, pubblicò su «La Riforma sociale», del libro I vagabondi73 scritto dal sociologo positivista Guido Cavaglieri e dal penalista socialista Eugenio Florian, esponente della scuola positivista del diritto penale, in cui si sosteneva che il vagabondaggio era causato dalle crisi improvvise del capitalismo industriale e dalla connes- 70 Cfr. L. Einaudi (1901), Per la giustizia tributaria, Torino-Roma, Casa Editrice Nazionale Roux e Viarengo. 71 Cfr. R. Faucci (1986), Einaudi cit., cap. I, § 12. 72 L. Einaudi (1899), Un almanacco inglese, «Germinai», II, n. 3, febbraio. 73 L. Einaudi (1899), Recensione di E. Florian e G. Cavaglieri, I vagabondi: studio socio-logico-giuridico, «Riforma sociale», VI, voi. IX, n. 11. — 27 —