114 ATTILIO CAB1ATI 4. — Ciò premesso però, è doveroso aggiungere che la storica inflazione tedesca fu la figlia naturale non tanto della sola Germania, quanto della vittoria riportata su di essa dagli alleati e della famigerata cosi detta « pace di Versaglia », alla quale dobbiamo molte delle brutte conseguenze successive. L’ultimatum lanciato alla Germania dagli alleati vincitori da Londra (5 marzo 1921) imponeva l’obbligo — scrive il Bresciani (pp. 57 e segg.) — di preparare una vasta riforma fiscale, tale da rendere le imposte esistenti più produttive e da procurare nuove entrate sufficienti per il pagamento delle riparazioni ». L'errore — direbbero i veneziani — era nel manico. Occorreva innanzi tutto formarsi un'idea della capacità di tassazione del paese vinto, tenendo conto che esso doveva vivere, e, per di più, operare in guisa da ricostituire quella ricchezza la quale avrebbe, col suo reddito, reso possibile il versamento delle riparazioni. Una facilitazione considerevole, — suggerisce il nostro a. — poteva consistere nell’autorizzare il paese vinto a pagare in natura, cioè in prodotti di ogni genere. Ma a questo si opponeva naturalmente la coorte dei produttori degli stati vincitori. E, a sua volta, nell’interno della Germania ferveva la lotta fra le varie classi sociali per la ripartizione dello straordinario carico tributario: propugnando le classi lavoratrici l’imposta sui patrimoni : mentre la borghesia sosteneva le tasse sui consumi. Ma il nucleo del problema consisteva pur sempre nella sbalorditiva entità delle richieste dei vincitori. 5. — Disgraziatamente, agli errori dei vincitori si univano in quel primo periodo gli errori dei vinti. Il Bresciani osserva che la rapida caduta nel valore del marco si accompagnava all’alto livello mantenuto dal governo tedesco di quell’epoca nelle spese pubbliche. « Il deprezzamento del marco, rilevava il nostro a., deprezzamento che inizialmente era stato la conseguenza della dislocazione delle finanze nazionali, contribuiva in quel momento efficacemente all’aggravarsi del disordine ed alla progressiva disintegrazione ». Non solo, ma « esso accentuava le perdite dell’amministrazione ferroviaria, perché le tariffe non erano elevate in proporzione della svalutazione, mentre le spese aumentavano rapidamente ». 6. — Il colpo di grazia al disordine venne dato dalla occupazione, compiuta dagli alleati, del bacino della Rùhr, il centro della potenza carbonifera del Reich. E il governo tedesco, ordinando la resistenza passiva, non pensava però a sua volta che i danni finanziari di essa avrebbero dovuto venire coperti da un aumento di imposte: vi pensò più tardi, ma il male era già fatto: l’inflazione progrediva sistematicamente; la circolazione cartacea da 1280 miliardi (fine del 1922), saltava a 6546 miliardi alla fine di aprile 1923. In fin dei conti, tutto ciò era altrettanto tragico, quanto fanciullesco, sia da parte degli ex nemici, sia dall’altra. Era evidente che a questo punto si iniziasse automaticamente il ben noto giro vizioso: i prezzi salivano più rapidamente della svalutazione, perché il pubblico scontava in anticipo gli effetti del peggioramento ulteriore previsto. Il che spingeva all’accaparramento dei beni, peggiorando cosi lo stato delle consistenze. E la ripartizione della ricchezza sconquassava le varie categorie dei cittadini, operando quelle redistribuzioni di capitali e di redditi, che la scienza economica aveva già da un /