LA CULTURA DEL MERCANTE MEDIEVALE ITALIANO 103 chi scolastici, tutto quel sapere che è provato in lui quando lo conosciamo, più tardi, in ogni campo, operante da uomo. Senza dover pensare necessariamente alla frequenza degli studi generali, riserbata relativamente a pochi privilegiati per l’ingegno e per la situazione economica, possiamo avere la certezza che, ricevuto un orientamento già solido nella prima scuola, il giovane andò affinando e irrobustendo la sua cultura, per un verso con il servizio quotidiano del dovere e del diritto civico, e per un altro con la vita nel fondaco, la caratteristica bottega nella quale si entrava garzoni e ci si formava, non poche volte, artisti sommi. Ritengo che sia da insistere su questa scuola del fondaco, la quale contribuì sicuramente, e non poco, a dare quel carattere di uniformità che abbiamo rilevato, a tutta l’opera del mercante nostro, dal modo di trattare i negozi, a quello di tenerne conto, alla stessa calligrafia. E, per venire in quest’ordine di idee, dobbiamo finire di respingere quella concezione per cui la segretezza, propria, fino ad un certo segno, dell’impresa mercantile in sè, di tutti i tempi, sarebbe stata portata all’estremo nelle im- Quanto alle femmine, nulla si sa di Filippa c di Costanza ; sappiamo invece che « il primo di gienaio 1337/38 Margherita si puose a stare a fare le fette della seta », e che « a die 20 d’agosto anno 1339 la Tommasa cominciòe a fare la frangia». Per ciò che attiene al nostro argomento risulta pertanto confermato quanto dicono i cronisti, che si andava a scuola di abbaco vetso gli undici anni e ci si rimaneva per oltre due anni: Francesco cominciò la scuola a 11 anni e 4 mesi (direttamente, si noti, presso un funzionario della ditta Peruzzi), e si pose all'arte della lana a 13 anni e 9 mesi; Lionardo cominciò l’abbaco a 11 anni e 2 mesi, e il mestiere del lanaiolo a 13 anni e 9 mesi; Andrea intraprese il suo corso a 11 anni e 9 mesi. Che si andasse a scuola d'abbaco oltre gli undici anni era ben raro. Luca Landucci (v. Diario cit., 1) vi andò a 14 anni. E non più bimbo vi andò Paolo Morelli, orfano trascurato, e pur tanto desideroso di apprendere, per « fare il mercante », che arrivato all'età di guidarsi un po' da sè si dette subito cura di andare a scuola, preoccupandosi soltanto di pattuire con i maestri di non essere battuto come i suoi compagni più piccolini : « E' tornò di Mugello che '1 padre era già morto, devea avere Pagolo dieci o dodici anni; pensa, essendo stato sempre in villa, o la maggior parte del tempo, quello ch'ei doveva essere: poco meglio che un lavoratore. Ma la natura, per sè medesima gentile, si trae sempre alla virtù, e quello che per trascuraggine indugia, non perde, ma in poco tempo il racquista, e di questo se ne veggono le ragioni chiare ed eziandio si dimostra per effetto: il che veramente si dimostrò nell'abbandonato giovane in molte cose, come io penso, coll'aiuto di Dio, in parte raccontarne alcuna per memoria dei suoi discendenti. Tornato dunque il fanciullo, puro e semplice come il gentile, e di buon ingegno, trovatosi senza padre, e nelle mani dei suoi maggiori fratelli, i quali avevan preso e incorporato il tutto a loro propietà, e fatta di Pagolo minore poca stima, e lasciatolo stare, e poco da loro messo innanzi, egli per sè medesimo, benché fosse solo e selvatico per la stanza di fuori, e male allevato e ammaestrato, nondimeno tirato dalla buona natura, e* si pose da se medesimo a bottega a imparare a leggere, e scrivere, e perchè egli era poco uso, vergognandosi ancora perchè egli era di più tempo, che gli altri, come dal suo maestro avesse avuto busse, cosi si partiva, e non volea più tornare a lui, e per questo da sè medesimo sanza interpito ne mutò molte, e con dlcune, secondo ch’ei disse colla sua donna, monna Telda, faceva il patto, e voleva la promessa di non avere busse; se gli era attenuto il patto, egli stava, se non gli era attenuto, e' si partiva, e per questa via egli imparò a leggere, scrivere e l'abbaco, e non senza grande e buona memoria di lui, tirato e stimolato solo dalla virtudiosa sua volontà, e desideroso d’imparare e di riacquistare il tempo perduto. (G. Morelli, Cronica, cit., pp. 233-236).