774 LA RIFORMA SOCIALE — ANNO III - VOL. VI Si potrebbe ancora andare avanti con queste antitesi, ina non è questo il luogo di dimostrare fino a qual punto bisogna diffidare delle formule complete, degli aforismi eccessivamente semplicisti dell’antica dottrina economica. Il mondo del lavoro somiglia ben più a una contrada montagnosa, piena di affanni, capricciosamente solcata da valli e da burroni, anziché ad una pianura continua e monotona. Non si pub parlare così, in generale, dell’offerta e della domanda di braccia come di un fenomeno unico, regolatore di un così detto mercato della mano d’opera. Questi due fattori non agiscono che sopra ogni categoria del tutto speciale di operai presa a parte, considerata isolata -mente e spesso solo in un certo raggio, per es. il finitore, il platinatore, il bascuìeur nell’industria delle armi di Liegi. Occorre assolutamente un certo tempo all’operaio specialista che ha rinunziato alla speranza di esercitare più oltre la sua specialità per darsi con un minimum indispensabile di capacità alla specialità vicina in cui, al più, egli sorpasserà raramente il livello della mediocrità. Senza perdere di vista queste condizioni essenziali tentiamo tuttavia di caratterizzare nei suoi tratti principali la situazione degli operai belgi. In generale si pub dire che il loro salario è abbastanza spesso mediocre e la loro giornata di lavoro ordinariamente abbastanza lunga. Un giovane e distinto statistico, M. Julin, ha fatto sforzi pazienti per determinare la media dei salari. Dalle sue laboriose e coscienziose investigazioni risulterebbe che il salario medio giornaliero di franchi 1 28 nel 1846 è salito a franchi 2 88 nel 1888, o ancora che il salario annuale medio da 352 franchi nel 1846 è salito a 846 franchi nel 1880. Vi sarebbe così in mezzo secolo circa un aumento del 140 •/. (1). Pur facendo gran conto di questo lavoro noi esitiamo a credere ad esso per due ragioni ben concludenti. Prima di tutto i materiali di cui si è valso l’autore sono insufficienti. Le inchieste remote o recenti su cui egli fonda i suoi calcoli non ci forniscono un quadro completo e senza lacune dello stato dei salari. Noi siamo lontani dall’avere dei dati statistici per l’insieme dei lavoratori manuali del Belgio. In secondo luogo che cosa esprime mai una media unica dei salari ricavata riunendo confusamente le categorie più disparate ? E quale coefficiente numerico dare a ciascuna di queste ultime? Giacché non si pub seriamente attribuire a un piccolo gruppo di lavoratori scelti, gli operai di oreficeria per es., un'importanza eguale a quella di tutto un popolo qual’ è quello dei minatori del carbón fossile. E si è poi tenuto sufficiente conto dei salari assolutamente inferiori dei semi-operai, dei manovali, dei manovali sopratutto fra i quali si fanno figurare discretamente degli uomini adulti e validi? Inoltre la prima critica viene a corroborare la seconda; la media ottenuta pub essere assolutamente corretta se il punto di partenza non ha tutta l’ampiezza necessaria? Infine, supposto anche che la cifra di fr. 2 88 abbia un sufficiente carattere di approssimazione, ch’essa ridetta fedelmente la si- ti) Julin, L'ouvrier belge en 1853 et 1886, Liégo 1891.