306 LA. RIFORMA SOCIALE — ANNO Xll - VOL. XV difendere i dazi protettori, è quando sono imposti temporaneamente (specialmente in una nazione giovane e progressiva) nella speranza di naturalizzare un’industria straniera perfettamente adatta alle circostanze del paese. La superiorità di un paese sopra un altro in un ramo di produzione sorge spesso soltanto dall’averlo cominciato ad esercitare più presto. Vi può essere nessun inerente vantaggio da una parte o svantaggio dall'altra, ma soltanto una acquisita superiorità di abilità e di esperienza. Una nazione, la quale ha ancora da acquistare quest’abilità e questa esperienza, può, sotto altri rispetti, essere meglio adatta alla produzione che non quelle le quali entrarono prima in campo; ed oltre a ciò è una osservazione del Rae che nulla ha una maggiore tendenza a promuovere miglioramenti in un ramo di produzione quanto lo sperimentarla sotto una nuova serie di condizioni. Se non che, non può aspettarsi che privati individui, a loro proprio rischio o piuttosto a loro certa perdita, introducano una nuova manifattura e sopportino il peso di mandarla ad atto, insino a tanto che i produttori non siano educati fino al livello di coloro i cui procedimenti sono tradizionali. Un dazio protettore, continuato per un certo tempo ragionevole, sarà qualche volta il modo meno inconveniente nel quale una nazione può imporsi una tassa per appoggiare un tale esperimento. Ma la protezione dovrebbe essere ristretta ai casi nei quali sussistono buone ragioni per aver sicurezza che l’industria cosi incoraggiata sarà, dopo qualche tempo, in grado di fare a meno di quel dazio; nè si dovrebbe mai lasciar sperare ai produttori nazionali che quella produzione sarà loro continuata oltre il tempo necessario a fare equo esperimento di ciò che essi sono capaci di compiere ». La scuola americana, dal Clay al Patten, riproduce sostanzialmente come acutamente faceva notare il Rabbeno, d’accordo in ciò con Francis A. Walker, la dottrina delle » industrie bambine », ossia ponevasi ugualmente sul terreno della protezione industriale, con esclusione della protezione agricola, allo scopo di creare una grande industria in un paese dove ancora non esisteva, ma dove invece esistevano tutte le condizioni naturali e le materie prime atte alla sua nascita ed al suo sviluppo, e dove, se non era nata ancora, si era solo per la arretrata evoluzione economica e la conseguente apprensione dei capitalisti a porsi in concorrenza con la industria più progredita dei paesi più vecchi. Ma oltre a questa nota comune col protezionismo di List, il protezionismo americano ha due speciali note che lo caratterizzano e gli dàuno una fisionomia propria. La prima si è la sicurezza di non andare incontro a possibilità di rappresaglie. Oggi l’Europa non può mangiare senza il grano americano, non può costruire navi senza il legname americano, insomma non può vivere senza le materie prime che formano l’oggetto principale della esportazione americana. Quindi gli economisti americani osservarono, egoisticamente, se si vuole, ma almeno logicamente, che essi potevano tranquillamente elevare i dazi di entrata contro le macchine, i tessuti, i manufatti stranieri in genere, senza paura delle vendette europee, perchè l’Europa, vendicandosi^ avrebbe punito se stessa e danneggiato se stessa prima che la sua rivale economica. ) /