476 LA RIFORMA SOCIALE — ANNO XV - VOL. XIX svolgere il concetto che per rendere quanto più è possibile innocui i fiumi e i torrenti, non basta circoscriverli e frenarli con difese arginali nel loro corso inferiore, ma è necessario portare la lotta là dove sono le origini del male, nei loro bacini montani, coi rimboschimenti da un lato, e dall’altro con la costruzione di serbatoi, di briglie e di altre adatte opere di sistemazione idraulica. Codesta politica di prevenire anziché reprimere, codesta legislazione intesa a colpire il male alle sue origini, non aveva avuto purtroppo fortuna nel nostro paese. Invece di spendere qualche centinaio di migliaia di lire per trattenere i torrenti nei loro corsi superiori, si vennero spendendo i milioni per innalzare e rafforzare continuamente gli argini. Cosi noi abbiamo ormai in Italia fiumi i quali, dove non hanno invaso largamente le campagne, come nella Basilicata ed in altre regioni d’Italia, appestandole con i loro stagni ed isterilendole con le loro ghiaie, corrono alti, sopra le campagne, sopra le case, persino sopra i campanili, fiumi pensili che costituiscono una continua minaccia per campagne ubertose, che potrebbero travolgere villaggi e persino città, e distruggere in un attimo bonifiche per le quali abbiamo speso diecine di milioni. Il concetto dell’intimo collegamento fra le opere idrauliche di pianura, e la sistemazione dei bacini montani era ignoto alla legge sulle opere pubbliche del 1865, che, si può dire, neppure parlava di torrenti. Appena con la legge del 80 marzo 1893 veniva creata una terza categoria di opere idrauliche, comprendente anche i rimboschimenti ed i rinsaldamenti dei terreni montani. Le leggi forestali del 20 giugno 1877 e del primo marzo 1888, ad outa dei loro vincoli, non riuscirono ad impedire nuovi e vasti diboscamenti, e nuovi e più gravi danni al regime delle acque. Progressi notevoli si compirono con la legge del 18 giugno 1899, il cui art. 12 venne poi fuso nell’art. 7 testo unico della legge 22 marzo 1900, il quale insieme alle opere di bonifica riconosceva necessari « i lavori di rimboscamento e di rinsodamento dei bacini montani e delle dune ». Questo concetto venne ribadito dalle leggi speciali a favore della Sardegna, della Basilicata, della Calabria, e da quella che istituì il Magistrato delle acque nelle provincie venete, mentre si compiva una grande e felice esperienza con la sistemazione idraulico-forestale del bacino del Seie, a protezione del costruendo acquedotto pugliese, in virtù della legge 26 giugno 1902.