— 55 - di questo decreto molti venditori sparvero dal commercio, altri restarono bensì al lero posto, ma furono sì stitici nel vendere che molti compratori se ne ritornavano a casa colle mani vuote. Altri finalmente mandarono il grano fuori Stato per ritrovargli miglior fortuna ■ (1). Certo non si trattò, nel caso nostro, di grano esportato, ma bensì di altri prodotti della terra, diminuiti di quantità per cagione del calmiere o per reazione contro di esso. Infatti, non sempre il calmiere ottenne gli effetti voluti. Così il calmiere messo dal Governo cantonale di Basilea sulle ciliege fece sì ehe per parecchie settimane sul mercato di Basilea le ciliege scomparvero del tutto (giugno 1917). Cos'era successo? Semplicemente questo: i contadini, esasperati per la previsione del poco lauto guadagno che la vendita delle ciliege avrebbe loro dato per causa del rescritto governamentale, tacitamente erano convenuti di non vendere più la loro frutta, ma di conservarla per l'autunno, facendone conserva sotto forma di ■ confittura * (marmellata). La cosa suscitò molte polemiche e parecchio scandalo e mise capo ad una vera Kirichcn-Krieg (guerra delle ciliege) tra la città ed il contado. E questo non era che uno degli innumerevoli esempi del genere che lo storico di questa guerra possa enumerare. Laddove il prezzo di vendita minaccia di rasentare il prezzo di costo, il produttore tende a smettere la produzione e ad incrociare le braccia. Il calmiere ha dimostrato però di dar luogo ancora ad un altro inconveniente. In Italia l'aumento dei prezzi, meno cospicuo che altrove, in buona parte si deve alle perdite che subisce lo Stato nell'acquisto del frumento ad un prezzo per rivenderlo ad un altro prezzo, inferiore al primo (2). È questa una conseguenza fatale del calmiere in tempo di guerra, la cui applicazione è subordinata al concetto opportunistieo di renderò servigi non solo al consumatore, procurandogli le derrate di prima necessità a prezzo vile, ina anche al produttore, garantendogli un guadagno adeguato alle sue fatiche. Nel quale difficile còmpito spetta allo Stato l'ingrata parte del souffre-douleur. Il produttore svizzero cedendo il suo grano allo Stato ha fatto un ottimo affare. La Confederazione gli paga un prezzo almeno tre volte superiore a quello corrente che si pagava prima della guerra, vale a dire tra 60 e 70 franchi svizzeri per ogni 100 kg. (3). Poiché lo Stato, fissando i suoi prezzi d'acquisto, ha voluto tenere calcolo dell'incremento generale dei prezzi mondiali e del bisogno di non perdere il favore di molti suoi cittadini influenti (4). Ciò ammette implicitamente lo stesso capo dei contadini svizzeri, ben noto per la sua abitudinaria intransigenza, il dott. G. Laur. Il Laur ha dato testé nella Schwei-zerische Bauernzeitung un mònito degno di rilievo rivolgendosi agli agri- fi) Melchiorre Gioia : « Sul commercio de' commestibili e caro prezzo del vitto ». Avignone 1830, Chailleau, p. 79. (2) Cfr. anche Riviita Popolare del Colajanni, anno xxiii, p. 202. (3) Basler Nachrichlen, dell'll luglio 1917, Suppl. (4) Boiler Naohriehten, dei 16 giugno 1916, Suppi.