lare », ott. - die. 1954) — e non meramente decorativo, ornamentale.
   Si tratterà dunque di un accostamento di fonti riccamente, sinteticamente, espressive, in un ordine più che strettamente « logico » utilmente evocativo; dell’impiego di elementi attinti a tutti i possibili campi della documentazione : un saggio storico servirà quanto (e forse meno) d’una immagine pittorica debitamente commentata, il resoconto parlamentare si accompagnerà al brano di musica popolare, le testimonianze della narrativa o della poesia (a volte così fulmineamente illuminanti) alle pezze di appoggio statistiche, al ragionamento economico, ai risultati delle inchieste ufficiali.
   L’esperienza compiuta recentemente presso il CEPAS mi sembra soprattutto interessante — a parte il concreto, « tangibile » risultato raggiunto con la realizzazione del testo del montaggio che qui si pubblica — perché ha, si può dire dalle prime battute del lavoro in comune, messo in luce con netta evidenza e senza possibilità di equivoci, la ricchezza delle implicazioni del problema della divulgazione culturale, la carenza istituzionale della nostra organizzazione educativa e scolastica, l’assurdità del perpetuarsi della pigra, inerte divisione della vita e attività intellettuale in settori di gelosa competenza che spesso si ignorano reciprocamente. Di qua la scuola, di là la biblioteca; di qua lo studio dei problemi economici e sociali dello Stato, di là l’esercizio solitario e prezioso della esplorazione di una letteratura che a quella tematica attinge i suoi motivi più intensi ; di qua la discussione sul lavoro di gruppo, di là l’elaborazione ideologica di quanto sarebbe il necessario contenuto di quella stessa tecnica o metodo che spesso nei nostri istituti di educazione attiva finisce col diventare pura esercitazione formale.
   Un’analisi particolareggiata del montaggio eseguito dagli allievi ci porterebbe assai lontano. Del resto, quest’analisi è stata condotta in sede di seminario con spregiudicatezza critica e autocritica. A parte l’inevitabile schematicità del testo, dovuta soprattutto ai limiti della durata, il punto più discutibile ci parve — e a me seguita a parere — l’inserimento e l’utilizzazione — in questa forma e misura — del poemetto pa-scoliano. Ha esso, così « usato », nel testo del montaggio, una funzione narrativa? Ha — così, senza il sostegno d’una appropriata introduzione o commento critico — denso com’è di problemi estetici, linguistici, storici, quella reale funzione ed efficacia lirico-evocativa che nella sua unità — una volta che questa sia attivamente penetrata — possiede in misura eccezionale? « Quell’orrida Italy, col gergo anglo italico degli emigranti reduci dall’America » : sono parole di Croce che, confrontate con i giudizi nettamente opposti della più recente e avvertita storiografia letteraria (si veda soprattutto, di Giovanni Getto, « Pascoli e l’America » nella « Nuova Antologia » del die. 1956) danno il senso della complessità dei nodi culturali che esperienze del genere di quella compiuta presentano.
    Quei nodi non sono stati certo tutti sciolti nel breve lavoro svolto insieme. Ma la serietà, l’impegno, l’intensità della partecipazione del gruppo hanno consentito di avviare un discorso che si può considerare — se mi è consentito dirlo — non del tutto inutile. E forse il bilancio attivo si può riassumere nella frase felicemente espressiva pronunciata da un’allieva a proposito dei testi utilizzati : « oggetti dimenticati distrattamente e ritrovati; e rifatti lucidi di una lucentezza nuova ».
                                                                               Muzio Mazzocchi Alemanni
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