nel quadro sindacale avrà più puntuali possibilità di verifica, a nostro parere, se sarà accompagnata da un esame attento delle trasformazioni che avvengono nell'universo del lavoro e nella mappa delle relazioni industriali di pari passo con l'avanzata di un'innovazione tecnologica in grado di incidere con uguale intensità sia sulle grandezze quantitative dell'occupazione sia sulla qualità del lavoro. Una ricognizione di questo tipo, inoltre, ci è sembrata in maggiore sintonia con i caratteri di alcune delle più indicative spinte al cambiamento emerse nelle società occidentali in questi ultimi anni. Sono spinte che hanno fatto leva sullo "specifico" di conoscenza proprio delle funzioni tecniche e degli specialismi professionali. E ci pare indubbio che qualsiasi progetto di cambiamento nelle relazioni industriali non potrà evitare di costituire fin dall'inizio una zona di raccordo tra le funzioni rappresentative e le funzioni tecniche. Vorrà dire, in caso contrario, che la domanda di controllo sociale, implicita nello sviluppo dei saperi professionali, rimarrà disattesa. La stessa formula della democrazia industriale, uscendo dal novero degli schemi abusati o dei topoi retorici, dovrà acquisire una ben maggiore consistenza pragmatica. Cioè dovrà ridefinirsi a partire dall'orizzonte di problemi che intendiamo segnalare. E' questa la via per restituire un senso aggiornato a termini quali "controllo" e "-partecipazione", da sempre parte integrante di ogni lessico e di ogni grammatica sindacale. Al dibattito sugli scenari possibili delle relazioni industriali il Centro Studi della Fonda- VIII