Transizione demografica, migrazioni internazionali e dinamiche culturali 41 l’ostilità per il capitalismo, i sensi di colpa verso i popoli ex-coloniali: questi e altri erano gli elementi che permettevano, anzi esigevano, di non preoccuparsi dell’esplosione demografica dell’allora Terzo Mondo. In più vi era la consapevolezza che il “numero” non era più la forza: questa era affidata alle armi nucleari, all’innovazione tecnologica, alla crescita economica. Questo impasto di vari elementi ha fatto sì che pochi si siano preoccupati del crescente divario fra la popolazione europea e quella degli altri continenti. Altre emergenze incombevano. Senza accettare “in toto” le preoccupazioni di quanti vedono, come Chaunu, la civiltà occidentale in grave pericolo in conseguenza del calo demografico ormai incapace in alcuni paesi di sostituire la popolazione, in primo luogo in Germania e in Italia, vi sono per lo meno tre ordini di considerazioni che giustificano l’opportunità di porsi la domanda non sul calo o la crescita in astratto della popolazione, ma sul tipo di popolazione più adatta per quantità (e qualità) alle società neo-industriali o, se si preferisce, post-industriali. L’indagine scientifica ha analizzato società agricole e società industriali mettendo in rilievo le differenze di andamento demografico, e particolarmente le differenze dei tassi di natalità e mortalità, e lo stesso hanno fatto quegli osservatori che si sono interrogati sui significati politici del trend demografico. Ma è mancata, fino a oggi, una riflessione centrata sul tema specifico: quale popolazione, per quantità (e qualità), è più adatta alle società dell’Europa occidentale? Vi sono stati alcuni interrogativi, cruciali ma parziali: tipica è la domanda sul chi finanzierà il regime previdenziale, e in particolare le pensioni, verso il 2020, quando le generazioni del boom demografico del 1957-65 avranno oltre sessant’anni oppure sulle modalità da seguire per reclutare le forze armate. Ma la vera domanda è sulla possibilità di mantenere una società creativa sotto il profilo culturale, economico e scientifico, una società capace di produrre e distribuire porzioni crescenti di ricchezza, in un quadro demografico in profonda trasformazione, decisamente decrescente in termini assoluti e, infine, sempre più vecchio. È opportuno che anche in Italia ci si interroghi pubblicamente su tali argomenti. L’Italia è ormai una società tecnologicamente avanzata, di grande benessere, con una qualità della vita e un equilibrio fra i gruppi sociali probabilmente migliori di altri esempi occidentali; ha altresì un destino più favorevole, per esempio della Germania, perché ha ancora un immediato futuro di sostanziale stabilità demografica: possiamo quindi approfondire il