le altre cose, dalle interdipendenze con le libertà degli altri progettisti. Di fatto, oggi, la dimensione progettuale è sempre collettiva: il modello di Fa.ust che pone ordine nel caos della natura, progettando, pianificando e realizzando opere immani, non è una buona metafora della progettazione moderna, a meno che, come verrà mostrato più sotto, non si faccia l'ipotesi di appiattire l'organizzazione di progettazione su un unico comportamento, come se in essa le persone agissero all'unisono, quasi come un sol uomo. Ma quali sono dunque i modi di progettare oggi? Come descrivono i progettisti il proprio modo di lavorare e come lo prescrivono sotto forma di metodi? Un'indagine sulla progettazione dovrebbe riuscire ad andare oltre la descrizione/prescri-zione così come proviene dai progettisti, dalle loro teorie "sposate", per cogliere la reale fenomenologia di tale attività; anzi, proprio la contrapposizione fra teoria e prassi può mettere in risalto aspetti chiave del progettare. Questa contrapposizione emerge esaminando tre diversi modelli o approcci alla progettazione, che corrispondono, se si vuole, a tre diversi livelli di autocoscienza dei progettisti rispetto alla propria attività. Ad un primo livello vi è il metodo funzionale, in cui l'identità del progettista è quasi annullata dalla potenza ed astrattezza del metodo stesso, al pari della natura concreta del processo di progettazione (anch'esso descrivibile tramite funzioni e fasi astratte). Ad un 9