RELAZIONE ANNUALE 2017 Guardare oltre il presente che nel periodo precedente alla crisi si aggirava intorno al 15%. Un valore che nel 2017 sembra irraggiungibile anche nel medio periodo. La doppia constatazione che stiamo un po’ peggio dei nostri vicini e che siamo ancora molto lontani da “come eravamo” non dovrebbe però alimentare visioni rassegnate o troppo negative sul nostro futuro. Dovrebbe indurre piuttosto a riflessioni meditate sui cambiamenti profondi che stanno caratterizzando la società piemontese e sulle politiche da adottare per cambiare rotta. Riflessioni che non si possono basare soltanto su analisi di carattere congiunturale. Anzi, la grande attenzione ai dati congiunturali rischia di farci perdere una visione d’insieme. Per riprendere il titolo della Relazione di quest’anno, occorre essere capaci di guardare oltre il presente, ampliando la visuale d’osservazione. Solo così possiamo capire le dinamiche che hanno guidato il nostro recente passato e progettare in modo diverso il futuro. Indietro non si torna Una consapevolezza dalla quale partire è che non torneremo quelli di prima. Molte cose sono cambiate rispetto a dieci anni fa. Cose che stavano già cambiando da tempo quando la crisi è iniziata. Le conseguenze di tali cambiamenti sono state nascoste dalla lunga fase di recessione, che offriva una spiegazione facile a ogni problema di crescita economica e di scarsa produttività. La crisi era la causa di tutto; quando fosse passata, le cose sarebbero tornate quelle di un tempo. Ma indietro non si torna. Se anche PIL e occupazione potranno recuperare i livelli del passato, le trasformazioni strutturali intervenute nel sistema sociale e in quello produttivo hanno cambiato in modo decisivo lo scenario nel quale ci muoviamo. Uno dei mutamenti più evidenti – per molti aspetti irreversibile - riguarda la popolazione. La nostra società sta diventando sempre più matura. È un fenomeno noto da tempo e che riguarda tutta l’Europa, ma interessa la nostra regione in modo particolare. In Piemonte l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto percentuale tra gli over 64 e gli under 15, ha abbondantemente superato quota 190 e negli ultimi 6/7 anni il trend di crescita di questo indice è aumentato in modo rilevante, guadagnando in media più di 2 punti all’anno. Ma non è accaduto solo questo. La nostra popolazione è tornata a diminuire. Per il terzo anno consecutivo registriamo una riduzione nel numero dei residenti. Il calo piemontese è più intenso rispetto a quello delle altre regioni del Centro-Nord. Sono diminuiti i flussi di immigrati rispetto a pochi anni fa, sono aumentati gli espatri di nostri cittadini verso altri Paesi e soprattutto si è registrato un forte calo nelle nascite, sia nella popolazione italiana sia in quella straniera. Riassumendo, siamo sempre di meno e abbiamo un’età più avanzata. Una società con questa struttura demografica può tornare a crescere e a svilupparsi? A quali condizioni? Governare la transizione La nostra regione è in trasformazione ormai da diversi anni. Sta diventando qualcosa di molto diverso rispetto a quella del recente passato. Ciò non significa necessariamente che diventerà una società più povera, incapace di progredire e di rigenerarsi. Tutt’altro. Dobbiamo però governare questa transizione, non ricorrendo a schemi interpretativi della realtà ormai superati e, soprattutto, non prendendo come esclusivi punti di riferimento modelli di produzione e di consumo non più sostenibili. Come si governa la transizione verso una società più matura? Due sono gli elementi che possono aiutare: l’innovazione tecnologica e la qualificazione delle competenze. Quando parliamo di innovazione tecnologica, non alludiamo solo all’uso di apparecchiature informatiche, alle connessioni su banda ultra larga o all’impiego dei più moderni strumenti digitali. Naturalmente la disponibilità di queste risorse rende possibili soluzioni in precedenza impensabili, ma l’innovazione di cui parliamo non si limita a questo e certamente non si misura in kilobyte o sotto forma di 4